C’è da attendersi dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea una sentenza importante e complessa sulla causa Udgpo contro Shop-Apotheke, la querelle legale franco-olandese che investe diritti e doveri delle farmacie online residenti nell’Ue rispetto alle norme dei singoli Stati. E’ il commento di Quintino Lombardo, avvocato ed esperto di legislazione del web, alla lettura delle Conclusioni presentate una settimana fa dall’avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Øe: non siamo ancora alla decisione finale, per la quale occorrerà attendere ancora un paio di mesi almeno, ma le considerazioni e i suggerimenti forniti dal magistrato meritano già un primo commento.
Lombardo, ha appena finito di leggere le Conclusioni di Saugmandsgaard Øe: i francesi dell’Udgpo cantano vittoria; per lei fanno bene?
Innanzitutto va ricordato che la sentenza deve ancora essere scritta e se è vero che di solito i giudici della Corte di Giustizia riservano molta considerazione alla linea tracciata dall’Avvocato generale, è altrettanto vero che questo non sempre avviene. Fatta questa doverosa premessa, il dilemma che affronta Saugmandsgaard Øe riguarda i limiti al cosiddetto “principio dello Stato di stabilimento”, fissati dalla direttiva europea che ha disciplinato i servizi della società dell’informazione: un sito di e-commerce che opera sul territorio dell’Unione è tenuto a rispettare le norme del Paese membro in cui risiede; la domanda allora è: sono consentite deroghe a questo principio quando il Paese di destinazione ha regole più severe?
E l’Avvocato generale a quale conclusione arriva?
Dice che l’articolo 34 del Tfue non impedisce a uno Stato membro di far valere le proprie leggi nei confronti di un sito di e-commerce stabilito in un altro Paese dell’Ue. Potrebbe impedirlo invece la direttiva 2000/31/CEe sui servizi della società dell’informazione, direttiva che però concede sempre una chance d’intervento allo Stato di destinazione.
E cioè?
Se vuole che il sito di un altro Paese Ue rispetti le proprie norme nazionali, deve avvisare l’Autorità dello Stato di origine, in modo che possa eventualmente opporsi e rigirare la questione alla Commissione Ue. Nel caso esaminato da Saugmandsgaard Øe, l’avvocato generale demanda ai giudici la verifica che tale adempimento sia stato concretamente compiuto.
Qual è il livello di interesse che la causa riveste per le farmacie italiane?
E’ da valutare. L’Udgpo, che rappresenta i gruppi di acquisto dei farmacisti francesi, aveva portato in Tribunale Shop-Apotheke per una campagna pubblicitaria particolarmente aggressiva, risalente al 2015; il fatto è che in Francia è una legge – il Codice della sanità pubblica – a richiamare i farmacisti al rispetto del decoro professionale; in Italia c’è il codice deontologico, che però è certo di più difficile applicazione nei confronti di una farmacia olandese. C’è anche l’articolo 10 del decreto legislativo 70/2013, che impone a chi esercita una professione regolamentata, tra le quali ovviamente quella di farmacista, di proporreuna comunicazione «conforme alle regole della deontologia professionale e, in particolare, all’indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi». Ma anche in questo caso c’è da chiedersi quanto sia applicabile a una farmacia online dell’Ue.
In ballo c’erano anche altre condotte di Shop-Apotheke ritenute sleali dalle farmacie francesi, perché nel loro Paese sono vietate: l’indicizzazione a pagamento sui motori di ricerca e gli sconti progressivi superate certe soglie di spesa. ..
Sono quelle attività che l’Avvocato generale sembra ritenere in generale legittime se consentite dallo Stato di stabilimento ma vietabili nello Stato di destinazione con la comunicazione di cui si diceva. Però così a caldo non mi viene in mente una norma italiana di specifico divieto all’indicizzazione a pagamento del sito web sui motori di ricerca, quindi i siti delle farmacie italiane dovrebbero poter competere ad armi pari con soggetti come Shop-Apotheke. C’è invece il divieto – come in Francia – a praticare sconti sui farmaci venduti online al raggiungimento di una certa soglia di spesa, ma mi sembra che Saugmandsgaard Øe abbia considerato legittimo questo genere di restrizioni per l’obiettivo rischio d’incoraggiamento al consumo inappropriato.
Insomma: hanno ragione i francesi a cantare vittoria sì o no?
Io direi che prima di decidere chi ha vinto sarebbe opportuno attendere la sentenza della Corte di giustizia. L’Avvocato generale propone diverse chiavi di lettura e certo per i farmacisti francesi già oggi non mancano le ragioni di soddisfazione, ma ovviamente spetta ai giudici il compito di decidere.