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Catene, le previsioni delle aziende: meno trade e più brand, margini e profitti sotto stress

Filiera

Lo sviluppo delle catene imporrà alle piccole e grandi aziende del comparto farmacia un vero e proprio cambio di paradigma, che costringerà a rivedere le strategie commerciali delle imprese e costringerà a trasformazioni anche profonde delle reti commerciali. E’ l’evidenza che emerge dalla tavola rotonda organizzata venerdì 25 gennaio da Giornalidea, editore storico del settore con riviste come Farma7, Farmamese e Pharmacy Scanner, per mettere a confronto opinioni e previsioni di una selezionata rappresentanza di manager dell’industria italiana: Roberto Salviato, ad di Sella Farmaceutici; Guido Mantovani, amministratore delegato di Corman; Pino Colombo, presidente di Montefarmaco; Stefano Brovelli, corporate consumer healthcare director di Alfasigma; Annamaria Ganassini, vicepresidente dell’Istituto Ganassini; Stefano Fatelli, general manager di Cantabria Labs Difa Cooper (nonché presidente del gruppo Cosmetici in farmacia di Cosmetica Italia) e Maurizio Chirieleison, direttore generale di Angelini Farmaceutica (e presidente di Assosalute).

 

Alcuni degli ospiti della tavola rotonda di Giornalidea. Da sinistra a destra: Roberto Salviato, ad di Sella Farmaceutici; Guido Mantovani, amministratore delegato di Corman; Pino Colombo, presidente di Montefarmaco; Stefano Brovelli, corporate consumer healthcare director di Alfasigma; Annamaria Ganassini, vicepresidente dell’Istituto Ganassini.

 

Aperta dalla relazione di Giorgio Cenciarelli, esperto di mercato e farmacia, che ha scattato una fotografia del canale e dei suoi trend principali, la discussione ha messo subito tutti d’accordo sui cambiamenti da attendersi con l’arrivo delle catene. «Le aziende dovrebbero preoccuparsi in misura inversamente proporzionale ai loro fatturati» ha detto Salviato «di sicuro le imprese che hanno fatturati sotto i 50 milioni dovrebbero cominciare già a pensare a come riorganizzarsi». Le prime ricadute, per l’ad di Sella Farmaceutici, si avvertiranno sulle reti vendita: «Cambieranno i rapporti con le farmacie, avremo buyer nazionali che compreranno per tutti i loro esercizi, come da tempo accade nella gdo. Fossi un agente, sarei molto preoccupato». C’è anche chi vede delle opportunità, però. «Si ridurrà l’importanza delle reti vendita e le aziende sentiranno il bisogno di comunicare di più con il consumatore finale» ha detto Colombo «ma per chi resiste si apriranno opportunità importanti: le imprese che smonteranno le loro reti dovranno dare in concessione l’attività a quelli che riusciranno a rimanere». «Avremo sempre meno bisogno di venditori e più di figure orientate al sell out» è il parere di Brovelli «perché toccherà a noi informare sul prodotto nel punto vendita, le catene non lo faranno di certo. Crescerà il peso dei key account e dovremo negoziare con le centrali, perderemo il potere che oggi abbiamo sulle farmacie». «Rimarranno forti le aziende che hanno in portafoglio prodotti e brand desiderati ardentemente dalle catene, perché qualificano l’offerta e richiamano il cliente› ha aggiunto Ganassini «dovremo anche soddisfare la richiesta delle insegne di fare formazione al personale delle loro farmacie, cosa che probabilmente ci consentirà di convertire parecchi agenti in promoter, visto che spesso i prodotti li conoscono».

 

Altri ospiti. Da sinistra a destra: Stefano Fatelli, general manager di Cantabria Labs Difa Cooper e Maurizio Chirieleison, direttore generale di Angelini Farmaceutica.

 

Per gli ospiti della tavola rotonda, sarà anche cruciale riorientare le strategie commerciali. «Fino a oggi» ha detto Mantovani «abbiamo concentrato la maggior parte delle nostre energie sul trade. Con lo sviluppo delle catene, invece, diventerà sempre più importante il sell out e la crescita del brand. Se ti siedi al tavolo delle catene con un marchio debole che genera volumi ridotti, parti già svantaggiato». Ne conseguono nuove priorità: «Per rafforzare il brand dovremo mettere al centro il consumatore, parlare di più con lui puntando anche sull’online». Stesse considerazioni da Fatelli, che vede nelle catene una minaccia soprattutto per le piccole imprese: «Quando nel cosmetico in farmacia le prime trenta aziende non fanno neanche il 50% del mercato e la prima ha una quota del 6,5%» ha ricordato «vuol dire che hai tutte le condizioni perché le catene entrino nel segmento con le loro marche private. Urge allora costruire un nuovo progetto, definendo tempi e attori da coinvolgere». «L’esperienza della gdo» ha osservato Chirieleison «dice che il confronto con le catene si giocherà innanzitutto sulla scontistica. E l’errore più grande che molte imprese hanno fatto è quello di aver rinunciato agli investimenti sul brand per concedere maggiori sconti. Riduci pubblicità e comunicazione ed entri in un loop da tossicodipendente dal quale non esci più: dipendi per le vendite dalla catena fino a quando il tuo prodotto non sarà più brand ma follower, e allora sarà la fine. L’antidoto è tenere botta sul brand investendo sull’innovazione, perché se non hai qualcosa in più rispetto ai tuoi concorrenti non vendi e se non vendi non sei appetibile per le catene. La private label lavora sul prezzo in modo parassitario, il brand può motivare prezzi più alti quando offre ciò che gli altri non hanno».

 

 

Tutti d’accordo, in ogni caso, sul fatto che le trattative sulle catene si svilupperanno su registri ben diversi dagli attuali. «Saranno le centrali a fare il prezzo e ad assemblare il category, con il risultato che sugli scaffali delle farmacie in catena non ci saranno più 50 sciroppi» è il parere di Salviato. «Per molti ci sarà il concreto rischio di perdite di business» aggiunge Brovelli «come è stato detto, l’unica contromisura sarà quella di puntare sul marchio e accrescere la comunicazione al paziente». «Si faranno trattative all’ultimo sangue» ha ammesso Ganassini «le catene chiederanno più sconti e aumenteranno i nostri costi, perché dovremo fare formazione al personale delle farmacie. Per contro potremo risparmiare sui costi logistici, perché si farà una sola consegna ogni mese o bimestre e direttamente al Cedi dell’insegna, che provvederà poi a distribuire ai suoi punti vendita». «Si genererà una fortissima pressione sui fatturati e sui margini di profitto, percentuali e assoluti» è il parere di Chirieleison «ma soprattutto crescerà in modo smisurato la scontistica, che si dividerà in primo e secondo livello come accade nella gdo (centrali di catena e affiliate, ndr). Ci sarà quindi il forte rischio di contrazioni dei fatturati, anche perché le insegne privilegeranno i nostri brand mentre le code, che oggi viaggiano sulla spinta del trade, perderanno d’importanza e si ridurranno». E alla fine, la farmacia non sarà più come prima.

Una versione estesa della tavola rotonda verrà pubblicata sul numero di marzo di Farmamese.

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