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Catene, la corsa all’oro non è ancora partita e i fondi sembrano già sfilarsi

Filiera

Fondi d’investimento in apparente ritirata nel silenzioso Monopoli delle farmacie aperto da agosto con l’entrata in vigore della Legge sulla concorrenza. Questi almeno sono gli ultimi rumors provenienti dagli addetti ai lavori, diffusi con il passaparola o buttati lì in convegni ed eventi vari. E’ il caso per esempio dei commercialisti bolognesi Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta, intervenuti domenica 12 novembre al XV Farpas Day, la convention barese della Cef. In giro, hanno detto, i fondi non si vedono più e l’impressione è che all’origine ci sia una dura presa di contatto con la realtà: finché si tratta di acquisire una manciata di imprese va bene, ma se devi mettere assieme una rete di diverse centinaia di farmacie, comprare un mattoncino alla volta diventa un’impresa titanica. «E così» hanno detto i due «è molto probabile che da quelle parti abbiano fatto un ragionamento: meglio lasciare che siano altri ad aggregare le farmacie, poi a noi non resterà che comprare».

La segnalazione proveniente dai due commercialisti parrebbe trovare conferme in altre fonti: lo studio legale milanese che da settembre cercava farmacie da acquisire per conto di un fondo londinese sembra avere tolto il piede dall’acceleratore e anche tra i titolari di farmacia sono in molti ad avvertire che il vento s’è assopito. «La corsa all’oro» hanno sintetizzato Tarabusi e Trombetta a Bari «non è ancora partita».

Acquistano allora sempre più consistenza le stime di chi, non da ieri, sostiene che per vedere in Italia le prime vere catene (all’anglosassone, per intenderci) ci vorranno dai due ai cinque anni. Tra questi Francesco Cavone, senior manager supplier services di Iqvia (ex QuintilesIms), che a Pharmacy Scanner fa qualche numero: non saranno più di 5-6mila le farmacie che, nei prossimi cinque anni, finiranno nelle mani delle catene di proprietà e ognuna di queste catene non schiererà più di un migliaio di esercizi in tutto il Paese. Anzi, è probabile che la maggior parte si orienterà su “taglie” di 600-900 punti vendita.

E come suggeriscono Tarabusi e Trombetta, il know how sarà cruciale. «Vince chi individuerà la strategia più corretta» spiega Cavone «anche perché la domanda oggi è: meglio comprare farmacie in salute e ben gestite, anche a costo di spendere di più, oppure concentrarsi su quelle indebitate e poi investire per risanarle? L’impressione è che prevalga il secondo indirizzo, ma risposte sicure non ci sono. E di certo, sceglie la seconda strada soltanto chi conosce bene il mercato e il comparto, perché altrimenti i rischi diventano elevati».

Per Cavone, in ogni caso, lo scenario che si intravede all’orizzonte non è quello svedese – dove i primi ad acquistare dopo la liberalizzazione del 2009 furono soprattutto i fondi d’investimento – ma quello polacco, dove le catene si sono sviluppate progressivamente nel giro di alcuni anni. «Conterà molto chi fa il primo passo e con quale format» osserva «ma avranno il loro peso anche le aperture del concorso straordinario: non mi stupirei se qualche finanziatore si facesse avanti per aiutare i neotitolari ad aprire la farmacia con l’obiettivo di entrare nella proprietà».

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