Benu Farmacia, Dr.Max, Farmacie Italiane, la comunicazione di insegne e catene per accrescere “l’awareness” dei loro brand si fa sempre più intensa ma occorrerà lavorare ancora parecchio perché il consumatore italiano familiarizzi davvero con nomi e marchi delle cosiddette farmacie organizzate. Lo conferma l’indagine pubblicata venerdì scorso da Altroconsumo, organizzazione indipendente dei consumatori, che a novembre ha condotto un sondaggio su un campione di quasi novemila clienti per individuare le catene più “gettonate” in otto diverse categorie del commercio: mobili e casalinghi, bricolage e giardinaggio, bambini e ragazzi, cura della persona e della casa, calzature e abbigliamento sportivo, ottica e farmacie organizzate. A ogni intervistato, in sostanza, è stato fornito un questionario che chiedeva di valutare le esperienze di acquisto maturate negli ultimi 12 mesi in un negozio organizzato in catena, relativamente a qualità dei prodotti, competitività dei prezzi, comfort del punto vendita, professionalità dello staff, esposizione, sconti e promozioni, facilità del reso, servizio alle casse, servizi extra e parcheggio.
Per quanto concerne le farmacie, dall’indagine escono vincitrici Benu e Lafarmaciapunto, che chiudono a pari merito in quanto a soddisfazione complessiva degli intervistati (80 punti) anche se l’insegna di Phoenix Pharma Italia riscuote un punteggio leggermente migliore per qualità dei prodotti e prezzi (83 e 75 rispettivamente). Ma le indicazioni più interessanti che arrivano dalla ricerca sono altre e riguardano, appunto, la brand awareness di cui si diceva all’inizio: mentre in altre categorie (come mobili e calzature) le risposte degli intervistati chiamano in causa almeno una decina di insegne, nella farmacia sono soltanto quattro le catene dove i clienti si ricordano di avere comprato nell’ultimo anno. Lo scrive anche Altroconsumo: nel caso di cura casa e persona, bricolage e sport, oltre il 50% degli intervistati rammenta di avere fatto almeno un acquisto nell’ultimo anno in un negozio di qualche catena organizzata, nel caso della farmacia invece non sono più del 16%.
Sono più o meno le stesse grandezze già evidenziate da TradeLab nelle sue indagini: solo il 21% degli intervistati dichiara di conoscere le principali insegne del canale, mentre il 38% (cioè più di uno su tre) non sa dire se la farmacia che frequenta appartenga a una catena o no. «In effetti le due fotografie si assomigliano» conferma Paolo Bertozzi, founder e partner di TradeLab «e sono molte le cause che si possono tirare in ballo per spiegare perché nel mondo della farmacia le insegne godano ancora di scarsa evidenza. Per cominciare, abbiamo a che fare con marchi che si sono presentati al consumatore ancora da poco, in secondo luogo questi brand vanno a competere con un’insegna di format, la croce verde, che ha un vissuto molto forte; non dimentichiamo poi che nella percezione del consumatore medio la farmacia è un canale popolato di esercizi indistinti, che solo da poco hanno iniziato a valorizzare e comunicare le proprie specificità. Infine, le insegne del capitale non hanno ancora una copertura davvero nazionale, o solo pochissime stanno iniziando ad averla».
A queste considerazioni, poi, se ne possono aggiungere altre che investono in modo più specifico le regole della comunicazione: difficile distinguersi fintanto che la maggior parte dei brand reca il nome “farmacia” e si caratterizza per format e posizionamenti non proprio originali. «Tutto vero» osserva Bertozzi «ma è anche vero che abbandonare la radice “farma” non è facile e che non è facile differenziarsi su un fattore strutturale dell’offerta come quello del personale, anche se in store marketing e servizi stanno crescendo d’importanza per molti consumatori. Fare meglio è sempre possibile, naturalmente, ma non dimentichiamo che il retail resta comunque un business molto legato al territorio.