Carenza di farmacisti, l’americana Cvs lavora a un sistema per spedire le ricette in smart working

Filiera

La penuria di personale laureato non affligge soltanto le farmacie italiane ed europee ma anche quelle americane, che da tempo cercano di strapparsi i dipendenti altrui o tenersi stretti i propri con bonus ed extra di ogni genere. Ora però Cvs Pharmacy – la seconda catena Usa per numero di filiali e la prima per fatturato – si è messo a esplorare strade del tutto differenti: come riferisce un articolo del Wall Street Journal, infatti, in Arizona il gruppo sta sperimentando da quest’estate un sistema integrato di automazione, robotica e intelligenza artificiale per la spedizione da remoto delle ricette mediche, che consentirebbe ai farmacisti di espletare le procedure di rito da un’altra farmacia, da un ufficio della società o persino da casa, in “smart working”.

Per i pazienti, meglio precisarlo subito, non cambia nulla: continueranno ad andare nella loro farmacia e ne usciranno con il classico tubetto di plastica ambrato e il numero di pillole prescritto. Le novità riguardano esclusivamente il back office: il farmacista effettua da remoto controlli e verifiche burocratiche – nel rispetto delle norme sulla privacy – e autorizza la dispensazione, che viene materialmente assicurata da un “pharmacy technician” o da altre figure autorizzate.

Sul progetto però pesa una grossa incognita, legata al conteggio delle pillole da inserire nel tubetto: in quasi tutti gli Stati americani l’operazione è riservata soltanto ai farmacisti ed espletarla a distanza è un po’ complicato. Nella sperimentazione, Cvs ha superato il problema fornendo alle farmacie-pilota un vassoio con bilanciere elettronico: il “pharmacy technician” versa sopra le pillole nella quantità prescritta e il farmacista, da remoto, verifica che il peso corrisponda e lo incrocia con le informazioni riportate sulla ricetta.

Ma, avverte il Wall Street Journal, la questione non è così semplice: attualmente, infatti, la maggior parte delle autorità farmaceutiche statali non consente ai farmacisti di verificare da remoto la correttezza dei confezionamenti, mentre altri hanno norme che impongono alle farmacie di garantire la presenza nel punto vendita di un certo numero di farmacisti o vietano il lavoro da remoto. «È soltanto un modo rendere più efficiente la spedizione delle ricette» ha commentato l’amministratore delegato di Cvs, Karen Lynch. Prem Shah, direttore farmaceutico del gruppo, ha assicurato che l’obiettivo della sperimentazione non è quello di arrivare a una farmacia senza farmacisti.

L’intento, come riferisce il quotidiano economico americano, è piuttosto quello di alleggerire il lavoro amministrativo dei farmacisti e liberarli perché si dedichino ai servizi, come vaccinazioni e screening. Anche negli Usa, ha spiegato Shah, molti farmacisti lamentano carichi di lavoro sempre meno sostenibili e lasciano la farmacia per l’ospedale o altri ambienti di lavoro. E le richieste di iscrizione alle scuole di farmacia sono calate di oltre un terzo in dieci anni, secondo dati del Pharmacy college application service. «Dobbiamo riconquistarli creando un ambiente di lavoro migliore» ha osservato Shah «per questo stiamo ragionando sui processi con cui noi stessi assicuriamo l’assistenza farmaceutica».

Se non altro, spiega il Wall Street Journal, Cvs non sembra ancora patire grosse carenze negli organici: gli orari di apertura delle sue oltre novemila filiali sono rimasti invariati e gli ingressi non sono stati intaccati. Non può dire lo stesso Walgreens Boots Alliance, che di recente ha dovuto ridurre gli orari in circa un terzo delle sue farmacie con effetti palpabili su vendite e visite. Non a caso, anche Wba sta cercando di risolvere il problema con l’automazione: in questo caso, l’idea sarebbe quella di costruire una rete di centri logistici hub dove verrebbe centralizzato il confezionamento dei farmaci prescritti.

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