I prezzi con cui il capitale sta acquistando farmacie nelle aste giudiziarie che si susseguono lungo lo Stivale non traggano in inganno i farmacisti titolari: non fanno testo e non possono essere presi a riferimento per individuare i coefficienti medi ai quali comprano questa o quella catena. Perché chi acquista una farmacia all’asta con un rapporto di 1,2 sull’ultimo fatturato, logoro per le traversie fallimentari, in realtà è come se rilevasse a 0,8 rispetto al giro d’affari che ritiene di mantenere “a regime” dopo avere riavviato l’azienda. E’ una delle valutazioni che arrivano dagli addetti ai lavori dopo poco più di un semestre di compravendite dall’entrata in vigore della Legge sulla concorrenza, nell’agosto scorso.
Sei mesi sono un lasso di tempo piuttosto ridotto ma qualche riflessione si può già fare. Per esempio, sui ritmi di espansione delle catene: si contano sulle dita di quattro mani gli esercizi acquisiti finora dal capitale, la cui andatura sta deludendo chi prevedeva conquiste al passo di carica. Dr.Max, per citare una delle insegne più dinamiche, ha concluso finora quattro operazioni (la più recente nell’anconetano); i soliti informati dicono che il gruppo avrebbe parecchie trattative in corso, ma intanto la sua tabella di marcia ha già avuto uno slittamento e l’insegna non verrà più accesa per l’estate ma entro la fine dell’anno. Più in generale, se le acquisizioni continueranno a questo ritmo serviranno almeno un paio di lustri per mettere assieme una catena di un centinaio di esercizi.
Il fatto è che le catene hanno dovuto fare i conti con la particolare realtà della farmacia italiana, dove a prevalere è la “monoimpresa”. E così, il capitale ha finito per comportarsi come i “cherrypicker” del supermercato, che prendono una ciliegia alla volta e la controllano per bene. Questa è l’altra evidenza che emerge a sei mesi dall’approvazione della Legge: quando non comprano nelle aste, le catene si muovono con estrema attenzione, selezionano e soprattutto fanno offerte differenziate e calibrate. In altri termini, i farmacisti titolari non si aspettino offerte uguali per tutti, cioè allineate allo stesso coefficiente.
Di più, la stima che arriva dagli esperti dice che nel medio periodo parametri e modalità di valutazione tenderanno a divenire quelli oggi abituali negli altri comparti del retail. Questa è la tesi, tra gli altri, dei commercialisti bolognesi Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta: «Nel tempo» spiegano a Pharmacy Scanner «si tenderà inevitabilmente a far convergere il moltiplicatore su parametri che esprimono in modo più attendibile i flussi finanziari della farmacia. Per esempio l’ebit o l’ebitda, ossia il reddito operativo aziendale o il margine operativo lordo».
Per esemplificare, i due esperti hanno messo a punto una sorta di “tabella di conversione”: una farmacia che presenta un rapporto tra ebit e ricavi inferiore al 7% potrebbe ragionevolmente valere un prezzo di acquisto pari a circa lo 0,9 di fatturato; un esercizio che mostra un rapporto ebit/ricavi tra il 7 e il 10% può aspirare a un coefficiente di 1,0; sopra il 10% si arriva a 1,2. «In tutti i settori poi» riprendono Tarabusi e Trombetta «il valore delle imprese viene espresso sempre più di frequente da un’attualizzazione dei flussi di cassa futuri. In altri termini: compro in base a quanto penso di ricavare dall’azienda negli anni a venire. Se acquisto a un prezzo pari a quattro volte l’ebitda dell’azienda, vuol dire che stimo di ripagare la spesa in quello stesso lasso di tempo».
Ciò non toglie che con i farmacisti titolari il capitale continuerà a ragionare in base ai vecchi parametri. «Faranno i loro calcoli a partire dal coefficiente che ritengono più opportuno – o più probabilmente da un mix di coefficienti: ebit, attualizzazione del flussi di cassa futuri, fatturato – e poi convertiranno nel parametro più familiare ai farmacisti, ossia le annualità di fatturato. Ma è soltanto una “ricopertinatura”, la pratica di considerare il fatturato l’unico valore di riferimento per l’acquisto di una farmacia appartiene sempre più al passato».