Skin ADV

Nell’era del digital serve fare ecosistema, dice la tavola rotonda di Pharmacy Scanner

Filiera

Nel mondo della sanità e della salute, la digital transformation offre l’opportunità di creare “ecosistemi” integrati che semplificano il percorso del paziente e “nascondono” la complessità burocratica. Per la farmacia così come gli altri operatori del comparto si delineano opportunità da cogliere per tempo, perché altrimenti ci penseranno altri a farlo. E’ l’evidenza che emerge dalla tavola rotonda organizzata venerdì 17 gennaio da Pharmacy Scanner e il suo editore, Giornalidea, sul tema “La digitalizzazione in farmacia e in sanità: dal patient care all’amazoncare”. Obiettivo, mettere a confronto le opinioni di cinque manager del comparto che nelle loro aziende stanno lavorando da tempo sulla digitalizzazione: Luca Foresti, chief executive officer di Centro medico Santagostino, una delle realtà più dinamiche della sanità privata italiana; Domenico Laporta, amministratore delegato di Lloyds Farmacia; Alessandro Orano, country director di Alphega, il network di farmacie indipendenti di Wba; Andrea Veltri, deputy ceo-digital transformation di Bnp Paribas Cardif (il ramo assicurativo di Bnl-Bnp Paribas, che un anno fa aveva lanciato il corner salute in banca) e Antonio Votino, head of Loyalty & Direct marketing business unit di ICTeam Lutech group.

 

Gli ospiti della tavola rotonda sulla digitalizzazione del paziente, ospitata nella sede di Giornalidea. Da sinistra: Lorenzo Verlato,presidente di Giornalidea; Andrea Veltri, deputy ceo-digital transformation di Bnp Paribas Cardif; Antonio Votino, head of Loyalty & Direct marketing business unit di ICTeam Lutech group; Domenico Laporta, amministratore delegato di Lloyds Farmacia; Luca Foresti, chief executive officer di Centro medico Santagostino; Alessandro Orano, country director di Alphega; Alessandro Santoro, direttore responsabile di Pharmacy Scanner.

 

Aperto da una breve intervento del direttore di Pharmacy Scanner, Alessandro Santoro, che ha passato in rassegna le trasformazioni in corso in diversi Paesi per concludere che in Italia ancora manca una chiara visione di dove la digitalizzazione può portare, il dibattito ha messo subito sul tavolo la questione socioculturale. «Alphega fa parte di una realtà internazionale» ha spiegato Orano «quando mi confronto con i colleghi inglesi, ad esempio, è interessante notare le differenze di approccio: il consumatore italiano non è quello anglosassone, in particolare qui vediamo ancora un maggiore ricorso al contatto umano. Così quando il gruppo sviluppa e mette a disposizione un’innovazione tecnologica, il nostro compito è calarla nel nostro contesto locale, con i tempi e gli adattamenti che servono. C’è senz’altro una fetta di consumatori italiani convintamente digitale, ma non rappresenta la globalità e la maggioranza mostra di cercare ancora la relazione fisica».

Considerazioni analoghe da Domenico Laporta: «Noi sulla digitalizzazione abbiamo cominciato a spingere da qualche tempo» ha spiegato «e abbiamo avuto modo di testare qual è l’appeal del mercato verso alcuni processi: online, home delivery compreso il ritiro della ricetta eccetera. Dopo un anno di esperienza con l’app della nostra insegna abbiamo capito che i comportamenti sono molto variegati: ci sono consumatori che, a prescindere dall’età, hanno una propensione a usare a fondo la tecnologia, altri invece che ancora preferiscono il contatto con il farmacista». Laporta cita qualche episodio: «Di solito invitiamo i nostri farmacisti a proporre al cliente il recapito a domicilio: quando il farmaco non c’è e diventa disponibile in giornata, inutile farli tornare, lo recapitiamo noi. Parecchi però dicono no, sono di strada ripasso io. Quando parliamo di digitalizzazione, quindi, dobbiamo tenere presente il contesto della farmacia, la capillarità della rete, il rapporto di fiducia che si instaura con il farmacista».

 

Alessandro Orano: «Il consumatore italiano non è quello anglosassone, in particolare qui vediamo ancora un maggiore ricorso al contatto umano. Così quando il gruppo sviluppa e mette a disposizione un’innovazione tecnologica, il nostro compito è calarla nel nostro contesto locale».

 

Approccio del tutto differente per il Centro medico Santagostino: «Faccio fatica a capire il punto di vista delle farmacie» ha detto Luca Foresti «noi da tempo stiamo riorganizzando a tappeto i nostri processi in base al criterio “ambiguo-non ambiguo”. In parole semplici: tutto ciò che è algoritmizzabile lo digitalizziamo, quello che non lo è viene gestito da un operatore umano fino a quando nuovi sistemi consentiranno la digitalizzazione anche di questi». «E’ molto interessante» ha commentato Votino «stiamo parlando di concetti che appartengono all’informatica». «Certo» ha ripreso Foresti «ma possono essere utilizzati in ogni segmento della catena del valore: tutti i processi che possono essere descritti con un algoritmo devono essere digitalizzati. E così, abbiamo automatizzato tutto il ciclo primario: prenotazione, accettazione e pagamento, perché sono operazioni non ambigue. Invece i processi ambigui – per esempio il paziente che dice “ho mal di schiena, cosa faccio?” – sono gestiti da un call center e quindi da esseri umani. Tra poche settimane digitalizzeremo i pagamenti con carta di credito: il cliente ci lascia le sue credenziali e noi accreditiamo le spese risparmiandogli file alle casse. E chi non sceglie questa opzione paga 5 euro in più per ogni operazione. Questo si chiama spingere sulla digitalizzazione».

«Sono d’accordo, soprattutto quando parliamo delle attività transazionali» commenta Laporta «dobbiamo semplificare e andare incontro ai bisogni dei nostri clienti. Non possiamo più restare in attesa delle persone che entrano con la ricetta in mano, se pensiamo che il business model della farmacia sia ancora questo siamo persi. Dunque sì alla digital transformation ma non va snaturato il ruolo della farmacia: il back end può – anzi deve – essere digitalizzato, il front end può godere dei benefici dell’intelligenza artificiale e del machine learning però il farmacista rimane indispensabile».

«Da quello che io vedo» obietta Foresti «il 98% delle transazioni fatte in farmacia non richiedono la presenza di un essere umano e possono essere digitalizzate. In particolare, servirebbero cartelle digitali che registrano tutti i miei consumi e tutte le mie patologie, in modo che quando chiedo qualcosa in farmacia il sistema incrocia i dati e in caso blocca la vendita. Il farmacista essere umano non è in grado di farlo, non per tutti i clienti, quindi non credo in questa idea che il farmacista è baluardo della salute dei pazienti».

 

Luca Foresti: «Per noi tutti i processi che possono essere descritti con un algoritmo vanno digitalizzati. E così, stiamo automatizzando tutto il ciclo primario: prenotazione, accettazione e pagamento. Tra poche settimane digitalizzeremo i pagamenti con carta di credito: il cliente ci lascia le sue credenziali e noi accreditiamo la spesa risparmiandogli file alle casse. E chi non sceglie questa opzione paga 5 euro in più per ogni operazione».

 

Dissente Antonio Votino: «Quello della farmacia è un canale in cui la tecnologia dà i suoi frutti migliori quando supporta il professionista, non lo sostituisce. La farmacia non è un punto vendita uguale agli altri, quindi non sono applicabili “tout court” le trasformazioni digitali dello store management che si vedono in altre categorie del retail. E’anche vero però che oggi la farmacia ha bisogno di portare dentro nuovi segmenti di clientela, che abitualmente non la frequentano, e qui la tecnologia può dare un contributo importante lato front end. Penso all’engagement, alla conversione del cliente dall’online all’offline eccetera. La farmacia è perfettamente allineata sui bisogni della popolazione più anziana, c’è invece un pubblico di under 30 che ha una propensione altissima all’acquisto online e ha difficoltà a vedere la farmacia come un punto vendita abituale».

Anche il mondo delle banche sta facendo i conti con gli stessi problemi, ha osservato Andrea Veltri: «Abbiamo clienti che si chiedono perché andare in agenzia quando posso fare le stesse cose a distanza con un’app? Qual è allora il valore aggiunto? Il nostro progetto del corner con servizi medici a distanza nasce dalla constatazione che la tecnologia ha sbiadito i confini del “chi fa che cosa”: oggi il 50% delle app salute sono realizzate da aziende dell’informatica, non della salute. La nostra digital trasformation, quindi, si basa sul concetto di ecosistema: ognuno partecipa con ciò che fa a una piattaforma inclusiva. In altri termini, valutati i bisogni dei pazienti metto assieme un pool di attori che nella somma reciproca soddisfano le esigenze delle persone».

«E per voi» ha chiesto Alessandro Santoro «quali sono queste esigenze?». «Dai focus group che abbiamo organizzato per mappare questi bisogni» ha risposto Veltri «è emersa evidente la mancanza di un “concierge” della sanità, una figura-guida che orienti nel percorso salute. Una volta lo faceva il medico di famiglia, ora non più e questo disorienta».  Verrebbe la tentazione di pensare che lo spazio lasciato vuoto dal vecchio “medico condotto” potrebbe essere riempito dalla farmacia, ma non è così semplice. «La farmacia è parte integrante di un ecosistema chiamato Ssn» ha ricordato Orano «ci sono progetti molto interessanti, per esempio nell’area della Farmacia oncologica, che vanno in questa direzione e attribuiscono al farmacista un ruolo di primo tutor al paziente, per supportarlo in maniera completa nelle diverse esigenze di salute e benessere. Lo sforzo organizzativo richiesto è considerevole e la tecnologia su questo fronte può aiutare. Inoltre sono d’accordo con Laporta che non possiamo più aspettare il paziente al banco, ma vanno evitati i salti nel buio».

 

Domenico Laporta: «Sarebbe molto bello se potessimo sviluppare ibridi come le retail clinic di Health Hub, ma in Italia non è consentito. La farmacia dei servizi? Ma di cosa stiamo parlando? Quello che si può fare oggi sono noccioline. Per lanciarsi in certe cose servono investimenti, massa critica, economie di scala, sinergie».

 

Sulla stessa linea l’amministratore delegato di Lloyds Farmacia: «Purtroppo ci sono ostacoli normativi, che cosa può fare la farmacia e cosa non può fare? Sarebbe molto bello se potessimo sviluppare ibridi come le retail clinic di Health Hub, ma in Italia non è consentito. La farmacia dei servizi? Ma di cosa stiamo parlando? Quello che si può fare oggi sono noccioline e quando in passato abbiamo provato a spostare i recinti siamo subito stati ributtati indietro da altre categorie della sanità. Per far fare certe cose servono investimenti, massa critica, economie di scala, sinergie. Dove c’è competizione la tecnologia diventa un’opportunità, dove non c’è i ritorni si fanno incerti e gli investimenti aleatori».

«Più che concierge parlerei di punto di riferimento per la salute delle persone» è il parere di Foresti «noi però abbiamo fatto diversi studi e abbiamo capito che le persone non vogliono pagare per questo servizio di orientamento. In più, abbiamo a che fare con un Ssn diviso per silos – farmacia, medico di famiglia, poliambulatorio, ospedale – che è la vera causa del disorientamento di molti assistiti. Per abbattere i compartimenti stagni servirebbero cartelle cliniche digitali e accessibilità dei dati, e per averli basterebbe che il legislatore adottasse una legge che obbliga tutti gli operatori sanitari a caricare i dati del paziente e consente a tutti gli operatori sanitari di accedere a questi stessi dati, ovviamente su autorizzazione del paziente. Il Gdpr, il Regolamento europeo sulla privacy, dice che la proprietà del dato sanitario è del paziente e non dell’erogatore, che si limita a gestirlo in nome e per conto. E dice anche che io cittadino posso delegare a una struttura sanitaria il compito di richiedere e ricevere i dati dal medico. Nel giro di poco tempo, quindi, ci sarà una nuova schiera di soggetti che entrerà a gamba tesa nel mercato, distruggerà la compartimentazione per silos e metterà davvero al centro il paziente».

Ma in farmacia ha ancora senso parlare di paziente oppure è più giusto parlare di cliente? «Io propendo per la seconda parola» ha detto Votino «e quindi le leve con cui governarlo sono quelle del display, del visual merchandising, dello store locator eccetera. L’innovazione digitale, in questo contesto, diventa uno strumento di regia: un’analisi che abbiamo condotto sui clienti della farmacia dice che i prodotti per i quali il cliente mostra maggiore reattività, quando sono in promozione tramite app mobile o canali push, appartengono alla veterinaria. In sostanza, la tecnologia può servire a fare segmentazione e ascolto in alcuni target di clientela. E qui apro un tema: i farmacisti conoscono veramente i loro clienti? Oppure si affidano ancora alle informazioni raccolte al banco quelle volte – poche, spesso – che il cliente si fa vedere? Le opportunità della digitalizzazione non sembrano ancora sfruttate appieno, nel canale».

 

Antonio Votino: «I farmacisti conoscono veramente i loro clienti? Oppure si affidano ancora alle informazioni raccolte al banco quelle volte – poche, spesso – che il cliente si fa vedere? Le opportunità della digitalizzazione non sembrano ancora sfruttate appieno, nel canale».

 

«Io direi di sì» ha risposto Orano «e concordo sul fatto che il digitale aiuti. Nel nostro network gravitano più di 2 milioni di persone e circa il 15% ha la nostra loyalty card. Quindi conosciamo le loro abitudini di acquisto, almeno a un livello base che nel tempo allarghiamo man mano che utilizzano i nostri servizi, nel massimo rispetto della privacy. Adesso che abbiamo anche l’app, questa conoscenza si consolida e familiarizziamo sempre di più con la nostra platea di consumatori. Poi, ovviamente, questo si integra con la relazione personale, che rimane un punto di forza della farmacia indipendente». «Non c’è dubbio, la tecnologia aiuta» ha aggiunto Laporta «noi utilizziamo da tempo programmi di loyalty che ci hanno permesso di esplorare le dinamiche di selezione dei nostri clienti. Abbiamo una buona conoscenza di determinati cluster, come la mamma o il caregiver o ancora la persona che vuole restare in salute. Il rischio, è che operatori provenienti dall’estero con un approccio più disruptive possano spingersi su livelli di profilazione ancora più sofisticati e “indiscreti”».

«Torniamo ancora sul discorso del concierge» ha ripreso il direttore di Pharmacy Scanner «di recente Amazon ha lanciato un’app, Amazon Care, che utilizza la digitalizzazione più spinta per semplificare l’accesso ai servizi sanitari. E’ uno squarcio di futuro che prima o poi arriverà anche nel nostro Paese?». «Innanzitutto» ha ossrvato Foresti «c’è un misunderstanding da chiarire: è vero, quando si domanda a una persona se preferisce l’uomo o la macchina la risposta è sempre l’uomo. Ma se la domanda è: vuoi l’uomo o, alla metà del prezzo, la macchina? le cose cambiano e la preferenza si sposta sul digitale. Vedi Ryan Air, che è entrata nel mercato con le prenotazioni digitali e ha sbaragliato la concorrenza. Detto questo, Amazon Care non è un concierge virtuale, è un ecosistema di salute chiuso e integrato. Un concierge che accoglie ma dietro ha un sistema frammentato serve a poco, quello che Amazon ha fatto è di mettere assieme farmacia online, teleconsulto, chat con l’infermiere eccetera. Con questo servizio, per di più, sarà in grado a breve di capire quali sono i bisogni del paziente, i suoi percorsi, i suoi dati eccetera. L’ostacolo che nel nostro Paese si frappone allo sviluppo di sistemi analoghi sta nel fatto che la sanità pubblica lavora su budget a prestazione, non ad assistito. Negli Usa vige questa seconda organizzazione,che agevola la creazione di ecosistemi».

«Noi il concierge l’abbiamo messo in un’app che consente al cliente di disporre di un hub unico» ha spiegato Veltri «con cui può gestisce la propria polizza assicurativa ma anche la sua salute: il teleconsulto con un medico convenzionato, la cartella clinica elettronica eccetera. In questo modo, il paziente può archiviare e consultare i propri dati clinici e, nel caso, inviarli al medico. La cosa interessante è che questa piattaforma permette all’utente di coinvolgere nell’ecosistema il suo medico curante, altri medici, anche il farmacista nel caso. E le nostre ricerche dicono che la gente è pronta a pagare per un servizio come questo».

 

Andrea Veltri: «Noi abbiamo sviluppato un’app che unisce in un ecosistema integrato dati sanitari, servizi, consulto con il medico e gli altri attori che vorranno partecipare, farmacista compreso. E le nostre ricerche dicono che la gente è pronta a pagare per un servizio come questo».

 

«Non vorrei deludere» è intervenuto Votino «ma anche tra le farmacie ce ne sono alcune che già fanno telemedicina e offrono app con cartelle digitali per archiviare referti e dati sanitari». «E’ vero» ha aggiunto Orano «in queste settimane, per esempio, offriamo in 150 delle nostre farmacie holter, ecg, servizio infermieristico e refertazione. Certo si può sempre fare di più, e infatti le farmacie più organizzate si stanno impegnando in tal senso. Siamo convinti che per garantire questo tipo di servizi serva comunque sempre la presenza fisica di un esperto e credo che il farmacista possa reclamare pienamente questo ruolo». «L’innovazione di un prodotto come quello di Bnp Paribas» ha osservato Votino «arriva dalla sua vision: la digitalizzazione che diventa volano per favorire processi di integrazione trasversale, tra attori che altrimenti farebbero fatica a stare assieme. E’ questo tipo di trasformazioni che avranno il maggiore impatto».

«La digital transformation» tira le somme Luca Foresti «non dipende dal consumatore ma in chi sta al volante e decide qual è il timing e il phasing. Non si può immaginare che da un giorno all’altro il 100% delle persone divenga digital, non è possibile. Ma nelle aziende deve essere chiaro il percorso, la direzione in cui ci si muove: nel 2019 il 14,1% delle transazioni mondiali viaggia via e-commerce, nel 2020 saranno il 16,1%. A me basta, so che questa è la strada e mi organizzo di conseguenza. Poi a Milano le cose vanno diversamente da Palermo e un 35enne non è un 65enne, è evidente, ma la decisione se digitalizzare o meno – anzi, se digitalizzare o morire – spetta soltanto a chi vende un bene o un servizio. Il consumatore è una variabile a tempo, c’è la demografia, la gente muore».

Altri articoli sullo stesso tema