All’estero i distributori tagliano le consegne o alzano le tariffe. In Italia il comparto tiene ma a fatica

Filiera

L’epidemia di coronavirus sta mettendo sotto stress la distribuzione intermedia in diversi Paesi europei. Pesano l’incremento degli ordini (nelle farmacie gli acquisti di farmaci e dispositivi sono aumentati vertiginosamente), le assenze del personale (per malattia o paura del contagio) e l’allungamento dei tempi di consegna, a causa di blocchi e misure di contenimento. E così, in Francia, due dei sette grossisti che totalizzano il 97% del mercato della distribuzione farmaceutica transalpina hanno alzato bandiera bianca e ridotto il servizio a un passaggio al giorno. Nel caso di Ocp Répartition, 46 magazzini in tutto il territorio transalpino e una quota di mercato del 31% (dato 2018), il ridimensionamento vale dal 20 marzo soltanto per le farmacie dell’Ile de France, la regione che ha Parigi per capoluogo, e discende dalle restrizioni alla circolazione adottate dal Governo così come dalle pressioni dei sindacati per la salute del personale. «Il passaggio a una consegna giornaliera» rassicura comunque Ocp «non avrà alcun impatto sulla disponibilità dei farmaci, che resta la nostra priorità».

Ben più consistente, invece, il taglio impartito da Phoenix, che dal 23 marzo effettua una sola consegna giornaliera sull’intero territorio francese. Anche in questo caso la decisione viene motivata con le misure del Governo in materia di trasporti e con la volontà di preservare il personale dai rischi di contagio. E come Ocp pure Phoenix (che dispone nel Paese di 21 magazzini e detiene una quota di mercato dell’8,5%) assicura non ci saranno contraccolpi sulla disponibilità di prodotti nelle farmacie. «Le tensioni della settimana scorsa legate all’enorme incremento degli ordini sono ormai riassorbite» assicurano al Quotidien du pharmacien fonti del gruppo «la domanda è tornata ai livelli abituali perché molti assistiti hanno fatto scorta anticipata dei farmaci necessari alle terapie».

Anche in Germania Phoenix ha rivisto le condizioni del servizio in seguito all’epidemia di covid-19. Dal 18 marzo, in sostanza, le farmacie che effettuano ordini per meno di 25mila euro si vedranno addebitare un  ricarico forfettario di 250 euro; l’addebito, spiega il gruppo in una lettera recapitata ai clienti, rappresenta un incentivo a raggruppare gli acquisti e ridurre quindi i passaggi, a fronte delle crescenti difficoltà che i distributori stanno patendo tanto per le carenze di personale quanto per l’aumento degli ordini (+25% rispetto a gennaio, dice Phoenix).

Forti difficoltà anche per Kehr, che da metà marzo rinvia spesso le consegne, e soprattutto per Noweda, la più importante cooperativa della distribuzione intermedia tedesca: all’inizio del mese il gruppo ha dovuto rinviare o cancellare una parte delle consegne per mancanza di contenitori da trasporto, a causa del forte incrementi degli ordini dalle farmacie. Quindi, dal 17, il gruppo ha cancellato una delle consegne giornaliere, ha interrotto il servizio resi e alle farmacie ha detto che le consegne di cosmetici e altre referenze dell’extrafarmaco avrebbero potuto subire slittamenti.

E in Italia? Al momento si può dire che le imprese della farmadistribuzione tengono, ma la crescente pressione cui sono sottoposte a causa dell’epidemia – che va a colpire un settore già da tempo in sofferenza per l’erosione della marginalità – fanno capire che la linea del Piave potrà reggere soltanto per qualche mese, non di più. «L’incremento degli ordini, le carenze di personale e le difficoltà di circolazione stanno mettendo le aziende a dura prova» conferma Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi «ma finora nessuno è sceso sotto le due consegne giornaliere e continueremo a fare di tutto per rifornire con regolarità le farmacie. So soltanto di qualche società che ha sospeso i resi». «Le quattro consegne nessuno riesce più a farle» conferma Sandro Morra, presidente di Adf «rimaniamo sulle due e continueremo finché riusciamo».

Lo stress, in ogni caso, è palpabile: la cadenza con cui vengono igienizzati contenitori e locali è stata intensificata, diversi distributori hanno sostituito i box in plastica con cartoni usa e getta che evitano la fatica della sanificazione ma aggravano le spese, i corrieri – quando possibile – sono stati forniti di dpi (dispositivi di protezione individuale). «Per molte aziende tutto ciò si è tradotto in un sensibile incremento dei costi» sottolinea Morra «in qualche caso anche dell’8%. Con i margini che ci ritroviamo, sono sforzi che non potranno essere sostenuti a lungo». «Come sempre» aggiunge Mirone «le cooperative sono pronte a tutto pur di sostenere le loro farmacie, ma se l’emergenza dovesse protrarsi ancora a lungo diventerebbe un problema per tutti».

E così, tra qualche mese le aziende della distribuzione potrebbero cominciare a prendere in considerazione le scelte adottate nelle settimane scorse dai grossisti francesi e tedeschi. «La nostra priorità» conclude Morra « rimane quella di difendere la farmacia, che è la più esposta alla crisi in atto. Tra qualche mese però, non dovessero vedersi spiragli nell’emergenza potrebbe diventare necessario considerare soluzioni come quelle messe in campo dai nostri vicini».

 

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