Avete presente le app che le principali catene di farmacia del nostro Paese propongono ai loro clienti? Immaginate ora che anche le Casa di comunità abbiano la loro app, dove i pazienti dei mmg che lavorano in gruppo possono prenotare visite, esami e prestazioni offerte dalla struttura, possono richiedere una televisita, ricevere un alert sulle terapie farmacologiche e tanto altro ancora. E dove chatbot e algoritmi rispondono alle domande degli assistiti (orari di apertura, compilazione di documenti e modelli, richieste di certificazioni), gestiscono anamnesi e triage, fanno da segreteria virtuale.
Fantascienza? Non secondo Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che per la Missione 6, Componente 1, del Pnrr ha indetto una Procedura di dialogo competitivo per la progettazione, la realizzazione e la gestione di una «piattaforma di intelligenza artificiale a supporto dell’assistenza sanitaria primaria», secondo quanto previsto dal sub-investimento 1.2.2.4 «Artificial Intelligence – Ai». La Procedura – in sintesi un bando di gara per tappe progressive – ha completato a fine dicembre la prima fase e per aprile dovrebbe approdare alla seconda. Ma per cogliere capisaldi e finalità del progetto – del valore di quasi 38 milioni di euro – basta già sfogliare il Documento descrittivo degli obiettivi e dei requisiti funzionali, che Agenas ha pubblicato sul proprio sito.
Cominciale dal razionale: l’obiettivo del sub-investimento è quello di «facilitare l’attività di diagnosi e cura dei professionisti sanitari impegnati nell’assistenza territoriale, nonché favorire la fruizione dei servizi sanitari nelle Case di Comunità da parte degli assistiti». Lato professionisti, il sistema dovrà «migliorare la presa in carico proattiva e lo stato di salute della popolazione», mediante «processi assistenziali innovativi», governo della domanda più efficiente, continuità assistenziale facilitata, personalizzazione delle cure.
In particolare, la piattaforma dovrà disporre di «un ambiente integrato per il monitoraggio degli assistiti di ciascun professionista»; permettere la segmentazione e stratificazione «degli assistiti sulla base delle loro caratteristiche, attraverso tecniche ed algoritmi di intelligenza artificiale»; aiutare il medico a prestare attenzione a «situazioni che richiedono particolari e specifiche azioni», mediante alert automatizzati; suggerire le eventuali azioni da intraprendere con l’obiettivo di «personalizzare e monitorare con maggiore precisione i percorsi di cura degli assistiti», anche mediante la prenotazione di visite e controlli e la prescrizione di terapie farmacologiche ricorrenti; aiutare il medico nell’attività diagnostica di base e nell’individuazione dei percorsi di cura più appropriati rispetto alle esigenze degli assistiti, «grazie alla possibilità di analizzare i dati storici dei pazienti».
Già una realtà i chatbot che fanno triage o filtrano gli accessi
I chatbot, cioè gli assistenti virtuali basati sull’intelligenza artificiale, sono già una realtà affermata nel mondo sanitario e clinico, soprattutto in Usa e Uk. Un esempio? Symptomate, chatbot per la valutazione di sintomi e dello stato di salute: raccoglie quanto riferisce il paziente, fa domande basate su algoritmi, imposta una possibile diagnosi e fornisce raccomandazioni. Attualmente è utilizzato da oltre mezzo milione di pazienti e da 300 istituzioni sanitarie, tra le quali due governi nazionali.
L’intelligenza artificiale può aiutare i medici di base a gestire messaggi e chiamate: può essere programmata per identificare richieste urgenti, fornire assistenza immediata oppure inoltrare il paziente ai servizi d’emergenza. Sempre con la giusta programmazione, il software può filtrare le richieste dando la precedenza a quelle in cui compaiono specifiche parole oppure riportano una determinata casistica.
Lato pazienti, invece, la piattaforma dovrà essere abbinata a «un’app dedicata con interfacce di comunicazione intuitive e multicanale, che consentano una piena fruibilità dei servizi delle Case di comunità». Attraverso questo applicativo per smartphone, gli assistiti potranno così «instaurare un canale di comunicazione bidirezionale con i professionisti sanitari» continuativo e costantemente operativo, «grazie all’impiego di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale»; potranno inoltre accedere «a informazioni sanitarie e suggerimenti per una completa aderenza alle cure prescritte» nonché consultare «cruscotti e indicatori di monitoraggio sul proprio stato di salute».
Nel Regno Unito il Nhs ha un’app che aiuta i pazienti a utilizzare i suoi servizi
Un’app per smartphone che ti consente di prenotare visite ed esami del servizio sanitario pubblico, chiedere il rinnovo delle ricette o accedere ai tuo fascicolo sanitario elettronico? Quello che Agenas immagina con la sua piattaforma per l’intelligenza artificiale nel Regno Unito c’è già: Nhs App si può scaricare facilmente da App Store o Google Play e può essere utilizzata da tutti gli assistiti con più di 13 anni che risultano in carico ai servizi di assistenza primaria.
Per riuscire a fare tutte queste cose, dice ancora il documento dell’Agenas, la piattaforma dovrà utilizzare «tecniche di ragionamento automatico, sistemi per l’inferenza logica, sistemi di chatbot e di processamento del linguaggio naturale e sistemi di machine/deep learning». Dovrà inoltre «integrarsi in maniera armonizzata con i sistemi utilizzati nell’ambito del Ssn e con i sistemi informatici (gestionali, ndr) utilizzati dai professionisti sanitari». Inoltre, dovrà assicurare l’integrazione con la Piattaforma nazionale di telemedicina prevista nell’ambito del relativo sub-investimento del Pnrr e disporre «delle interfacce necessarie ad abilitare l’integrazione con i sistemi informativi regionali, nell’ottica di prevedere l’utilizzo del Fse».
Fantascienza? Come suggeriscono i corsivi di approfondimento proposti sopra, gran parte delle applicazioni di intelligenza artificiale richiamate da Agenas sono già realtà e vengono già utilizzate da servizi sanitari e strutture ospedaliere. Due sfide, a dir poco impegnative, però ci sono. La prima è l’integrazione della piattaforma con i sistemi informativi regionali di cui si diceva nel paragrafo precedente, così come con i gestionali dei medici, delle farmacie e degli altri professionisti della sanità pubblica. Impresa a dir poco titanica, almeno sulla carta.
Le seconda sfida poi si presenta ancora più complessa: tutte le funzioni della futura piattaforma di intelligenza artificiale, infatti, presuppongono l’esistenza a monte di una banca dati centralizzata di tutte le informazioni sanitarie dei pazienti, alla quale dovrebbero attingere tutti gli algoritmi del sistema (per l’aderenza terapeutica, per il triage clinico, per il supporto alla diagnosi e via di seguito). Il fatto però è che al momento questa banca dati non c’è, perché sono ancora poche le Regioni che utilizzano davvero il Fse e le strutture che lo alimentano regolarmente.
Non resta che vedere quali saranno i progressi del progetto. Come accennato, a fine dicembre Agenas ha completato il primo reclutamento delle aziende (o raggruppamenti di aziende) che intendono partecipare. Per aprile dovrebbe partire la cosddetta fase del “dialogo competitivo”, in cui Agenas incontrerà ogni singolo candidato per valutare know how, progettualità e vision. Infine, «una prima versione completa delle principali funzionalità della piattaforma» dovrebbe essere rilasciata entro il dicembre 2024, con il raggiungimento della piena operatività entro l’anno successivo.