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Legge di Bilancio, “giallo” sulla sparizione del comma che chiariva la norma dello 0,65% ai grossisti

Filiera

Sembra proprio destino che sull’extrasconto dello 0,65% tolto all’industria e dato ai distributori dalla Legge di Bilancio per il 2025 scappino soltanto pasticci legislativi. Basta vedere quanto accaduto alla nuova Legge di Bilancio, quella per il 2026 che il Governo ha licenziato la settimana scorsa ed è ora in procinto di iniziare l’iter legislativo: sembrava l’occasione giusta per rimettere a posto il pastrocchio combinato con la Manovra precedente, che per una formulazione approssimativa della disposizione (commi 324 e 325) ha generato una pletora di ricorsi al Tar da parte dei genericisti. E infatti, la bozza uscita dal Consiglio dei ministri recava all’articolo 77 comma 5 un doppio chiarimento rivolto per l’appunto ad assicurare un’interpretazione univoca alle norme sullo 0,65%: «Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 324, della legge 207/2024» recitava il testo «si interpretano nel senso che il trasferimento delle quote di spettanza dalle aziende farmaceutiche ai grossisti si applica a tutti i farmaci distribuiti dalle farmacie in regime convenzionale, sia coperti da brevetto che equivalenti; il trasferimento delle quote di spettanza dalle aziende farmaceutiche ai grossisti lascia impregiudicata la quota dell’8%, contendibile tra farmacisti e grossisti, di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legge 39/2009».

Tutto a posto? No, perché pochi giorni dopo, nel testo della Legge di Bilancio “bollinato” dalla Ragioneria Generale dello Stato (per certificarne la copertura finanziaria) quel comma dell’articolo 77, divenuto nel frattempo il 78, non c’era più. Risultato, distributori nel panico e caccia febbrile non tanto ai responsabili di quel depennamento, quanto piuttosto alle ragioni. Anche perché, dettaglio non ininfluente, nel testo bollinato è rimasta invece un’altra misura, che i genericisti invocavano da tempo ed erano convinti di trovare già nella Manovra dell’anno scorso (e invece non c’era): l’abolizione del payback dell’1,83%.

Un paio di giorni di consultazioni febbrili e poi il mistero è stato svelato: anche il comma che doveva chiarire non era immune da errori formali, in particolare nel passaggio relativo alla quota dell’8%, e così il governo ha preferito stralciare la disposizione e rinviarla a un altro contenitore legislativo tra quelli che già sono in cantiere. Un semplice infortunio insomma, che secondo alcune fonti non metterebbe comunque a rischio la “riappacificazione” tra genericisti e distributori e soprattutto non comprometterebbe le risorse che la misura dello 0,65% assicurava al comparto intermedio, alle prese con una crisi sempre meno congiunturale e sempre più sistemica. Non ci vorrà molto tempo per capire se i rumors sono fondati, visto che l’udienza del Tar Lazio sui ricorsi del produttori è in calendario per gennaio.

 

 

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