In Europa le imprese italiane sono quelle che fanno più fatica a trattenere i propri dipendenti: 4 su 10 dicono di volersene andare entro l’anno dal loro attuale posto di lavoro, a fronte di una media europea che si ferma al 31% e tassi che in Olanda e Germania scendono al 23% e in Austria al 21%. A rivelarlo il rapporto European Workforce Study 2025, stilato da Great Place to Work raccogliendo i pareri e le opinioni espresse da quasi 25mila collaboratori di 19 paesi del Vecchio Continente. L’Italia, dice la classifica finale su 20 Paesi, è la peggiore di tutte per tasso di retention delle sue imprese (ossia la capacità di trattenere i loro dipendenti), seguita da Francia e Polonia con un tasso del 38%, Portogallo con il 37%) e Irlanda con il 35%. Quindi, a pari “demerito”, Cipro, Grecia e Regno Unito con il 33%.
La cosiddetta GenZ, ossia i 18-24enni, è quella dove si registra la maggiore propensione a cercare un altro posto di lavoro: in media, dice l’indagine, tra coloro che dichiarano di voler cambiare azienda sono il 40%, perché di solito sono i più giovani ad avere aspettative più elevate nei confronti dell’azienda e del suo management e quindi propendono a cercare nuove opportunità professionali quando nell’attuale luogo di lavoro le attese non corrispondono alla realtà. Infatti, avverte la ricerca, la voglia di cambiare posto di lavoro decresce con l’età: tra i 25-34enni, dice che cercherà entro l’anno un altro posto di lavoro il 36%, tra i 35-44enni sono il 30%, tra i 45-54enni il 28% e tra gli over 55 il 25%.
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I dati spiegano perché la fidelizzazione dei dipendenti sia un tema molto sentito da un crescente numero di imprese, al punto che alcune fonti indicano il miglioramento della retention aziendale la priorità numero uno del 2025. «I costi del turnover» osserva Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia «rimangono occulti per molte aziende ma sono proprio quelli che aumentano le inefficienze, perché sostituire un dipendente che se ne va significa spendere per la selezione e la formazione, senza contare il tempo necessario perché il nuovo collaboratore raggiunga le performance del dimissionario».
Gli investimenti intrapresi dalle aziende nella fidelizzazione dei dipendenti, è quindi il monito proveniente dall’indagine, verranno ripagati nel corso del tempo: trattenere i dipendenti migliori oggi evita alle impese costosi turnover domani. «Lavorare sull’ascolto attivo e sul coinvolgimento delle persone» osserva ancora Bedusa «genera un impatto diretto sull’orgoglio e sul senso di appartenenza dei collaboratori, elementi fondamentali per costruire una cultura aziendale solida, attrattiva e sostenibile nel tempo».
Ecco quindi, secondo gli esperti di Great Place to Work Italia, le otto strategie per la “employee retention” che le aziende dovrebbero adottare per non perdere i propri collaboratori e i migliori talenti:
1. Garantire l’equilibrio tra lavoro e vita privata: occorre aiutare i collaboratori a raggiungere un migliore work-life balance attraverso accordi di lavoro flessibili, aspettative lavorative chiare, una comunicazione aperta con i manager e la definizione di limiti.
2. Retribuzione: lo stipendio è un requisito di base per trattenere i talenti e una delle principali fonti di insoddisfazione tra chi se ne va. I manager dovrebbero valutare regolarmente il giusto valore di mercato per i lavori e adeguarlo alle prestazioni dei collaboratori.
3. Benefit e riconoscimenti: sempre più aziende scelgono soluzioni di welfare aziendale come i benefit per aumentare l’employee retention e ridurre il tasso di turnover. I dipendenti cercano una conferma per il loro lavoro e sono più propensi a mostrare lealtà quando il loro impegno viene concretamente riconosciuto.
4. Fiducia tra manager e collaboratori: un’altra grande opportunità per prevenire il turnover dei dipendenti è il rafforzamento delle relazioni tra manager e dipendenti attraverso colloqui e feedback frequenti. Una comunicazione regolare e onesta, unita all’azione, dimostra ai dipendenti che sono realmente apprezzati.
5. Rimozione delle barriere: quando i manager non affrontano i problemi, questi diventano barriere sia per le prestazioni organizzative sia per la fidelizzazione dei dipendenti. È fondamentale identificare rapidamente i punti di attrito, discutere di come i problemi influenzino le persone e chiarire il loro ruolo nell’affrontarli.
6. Avanzamento di carriera: i manager si devono assicurare che i collaboratori, potenziali e attuali, comprendano il loro percorso di carriera e le opportunità di crescita professionale a loro disposizione. D’altro canto, la mancanza di avanzamento o di sviluppo delle competenze può essere un motivo per un collaboratore per lasciare l’azienda.
7. Formazione professionale: secondo il World Economic Forum le aziende che offrono ai dipendenti delle opportunità di aggiornamento professionale mantengono il 58% in più dei dipendenti.
8. Offrire policy di smart-working: i vantaggi del lavoro a distanza, come la riduzione dei tempi di spostamento, un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, la flessibilità del luogo di lavoro e l’autonomia, possono avere un impatto positivo sulla fidelizzazione dei dipendenti.