Farmacie (di catene e non solo) ancora in crisi nei Paesi anglosassoni, dove chiusure e razionalizzazioni rimangono all’ordine del giorno. Negli Usa per esempio è del mese scorso la notizia che Rite Aid, terza insegna del paese con oltre duemila filiali, si appresta a chiudere altre 53 farmacie in aggiunta alle 200 circa già dismesse dall’ottobre scorso, quando ha avviato la procedura di concordato. La catena, ha dichiarato un portavoce alla rivista americana Drugstore News, «valuta regolarmente l’andamento delle sue vendite al dettaglio per verificare che la gestione proceda in modo efficiente. In accordo alla procedura concordata con il tribunale, abbiamo notificato alla Corte la prossima chiusura di alcune sedi dalle prestazioni insoddisfacenti, per ridurre ulteriormente i costi e rafforzare la performance finanziaria complessiva. Al momento non abbiamo preso alcuna decisione su ulteriori chiusure come parte del nostro processo di ristrutturazione finanziaria».
L’azienda, prosegue la dichiarazione, farà ogni sforzo per garantire che i suoi clienti possano rivolgersi a un’altra farmacia Rite Aid nelle vicinanze, ed è già al lavoro per trasferire in queste filiali le ripetizioni delle ricette senza che ci siano interruzioni del servizio. Anche nel caso dei dipendenti delle farmacie che chiuderanno, l’impegno è quello di trasferirli in altre sedi Rite Aid laddove possibile. Circa il 75% del personale, fa sapere il gruppo, ha accettato uno spostamento nel caso in cui la filiale dove lavorano fa parte delle chiusure programmate.
Dagli Usa al Regno Unito, l’aria non cambia. Nelle settimane scorse infatti Well Pharmacy, la seconda catena britannica con 780 sedi circa, ha rivelato di avere registrato nel 2023 una perdita al netto delle tasse di oltre 29 milioni di sterline (circa 33 milioni di euro). Considerato che il gruppo aveva invece chiuso il 2022 con profitti per 4,14 milioni, scrive la rivista inglese Chemist&Druggist, si deduce che soltanto nell’ultimo anno i ricavi sono calati di oltre 33 milioni di sterline.
Il 2023, ha ammesso la direzione della compagnia, «è stato un anno impegnativo», in cui si sono dovute affrontare sfide significative legate ai finanziamenti erogati dalla sanità pubblica. I risultati, ha aggiunto Seb Hobbs, ceo di Well Pharmacy «sono anche la prova delle crescenti difficoltà economiche cui devono far fronte le farmacie del territorio, in particolare quelle inglesi dove il settore è stato sottoposto intenzionalmente e sistematicamente a tagli tali che sempre più proprietari vendono o chiudono».
A conferma, Chemist&Druggist cita il caso della catena di farmacie Weldricks, che di recente ha chiuso l’anno finanziario con una perdita di 1,4 milioni di sterline (circa 1,6 milioni di euro), oppure della catena Paydens, che sempre nell’ultimo anno ha visto l’ebitda quasi azzerarsi dopo avere chiuso il 2022 con utili per 3,13 milioni di sterline. E poi c’è Boots Uk, che prosegue imperterrita nel suo programma di sfoltimento delle filiali: il piano è quello di ridurre gli esercizi nel Regno Unito da 2.200 a 1.900 e per quest’anno è già stata pianificata la chiusura di una dozzina di farmacie (che si aggiungono alla ventina circa già tagliate nel 2023).
Che la situazione sia da allarme rosso lo conferma un recente rapporto della Cca (Company chemists’ association, il sindacato delle grandi insegne): nell’anno fiscale 2023/2024 hanno chiuso in Inghilterra 432 farmacie, in media oltre otto esercizi alla settimana. «Anni di pressioni finanziarie e operative» ha commentato Janet Morrison, amministratore delegato di Community pharmacy England (Cpe, il comitato che rappresenta le farmacie nelle negoziazioni con il servizio sanitario) «spingono le imprese al limite delle loro possibilità. Ci sono insegne che sono costrette a chiudere filiali o ridurre gli orari di apertura, se non si inverte questa politica, e rapidamente, l’impatto sulle attività farmaceutiche sarà catastrofico».