È dipende la risposta da dare al dilemma online sì o no? che oggi si pongono tante farmacie. Ne è convinto Massimiliano Berruti, partner Pharma & health-tech industry di Jakala, che in questa intervista a Pharmacy Scanner raccoglie le riflessioni sulla redditività dell’e-commerce proposte un paio di settimane fa da Alessandro Orano (in un corsivo a sua firma) e rilancia per un nuovo giro di carte.
Berruti, ogni volta che su queste pagine parliamo di fatturati delle farmacie online, c’è sempre qualche farmacista che commenta dubbioso: sì, vabbé, ma gli utili? Orano, nel suo corsivo, conferma e ricorda che nell’e-commerce la competizione sui prezzi costringe i retailer digitali ad attendere parecchi anni prima di vedere ebitda positivi. Qual è allora la morale: l’online è solo per pochi?
Dal mio punto di vista, la lettura da dare è un’altra. Con un premessa a monte: oggi la farmacia non può non avere una presenza su internet. Ormai è come l’illuminazione in casa: puoi ricorrere a un’utenza tradizionale oppure ai pannelli solari, puoi mettere pochi punti luce perché vuoi risparmiare oppure ti piace abbondare di faretti e lampadari, ma senza non si può stare. Neanche se abiti in un rifugio in cima alla montagna.
Fuor di metafora?
Da un punto di vista della psicologia evoluzionista l’ibridazione tra fisico e digitale fa ormai parte della nostra vita, è un processo dal quale la farmacia non può più chiamarsi fuori. Lo dice l’evoluzione stessa dello scenario: nonostante siamo un Paese che continua a invecchiare – con l’età media che dai 45,7 anni del 2020 supera ormai i 46,5 – i pazienti sono sempre più proattivi e – quando il livello culturale lo consente – apprezzano la comodità di una gestione autonoma e consapevole della salute e dei piccoli disturbi. Questo anche perché abbiamo sempre meno medici di famiglia: oggi sono 39mila, in media uno ogni 1.200/1.300 pazienti e in dieci anni sono stati chiusi in Italia 125 ospedali e la spesa pubblica in sanità continua a calare, a fronte di una spesa pubblica per la sanità che nel 2022, dice l’Ocse, rappresentava poco più del 6% del Pil mentre in Germania sfiorava l’11%. In aggiunta, cresce la sensibilità per le tematiche ambientali e sono cambiati flussi e rapporti sociali tra i territori, anche per effetto della pandemia. Lo smart working è una modalità che non ci lascerà più.
E internet?
Internet, o meglio il digitale, è l’altro grande filone del cambiamento: automazione, intelligenza artificiale, telemedicina, it e tutto quello che viene appresso.
Va bene, il contesto è chiaro: da una parte una sanità che ha sempre meno risorse a fronte di una popolazione che invecchia sempre di più e quindi ha bisogni di salute e di prevenzione crescenti, dall’altra le potenzialità dell’innovazione tecnologica. E la farmacia?
La farmacia, e con lei il farmacista, continua a godere di una reputazione eccellente, che il covid ha rafforzato, e oggi più che mai ha un enorme potenziale in ambito di cura della salute e può diventare un attore strategico per la sanità nazionale ma si caratterizza oggi per modelli e format poco incisivi. La pandemia non ha soltanto cambiato geografie e luoghi, ha anche trasformato il concetto di prossimità, basti pensare all’esplosione dell’home delivery. E ha anche portato alla luce le differenze generazionali: i baby boomers protesi all’interazione “face to face”, la generazione X attenta alla qualità della vita e via a seguire. E ognuna di queste persone ha capito che la tecnologia oggi consente di avere risposte personalizzare a tutti i loro bisogni.
Quindi?
Quindi ciò da cui la farmacia non può più prescindere, per continuare ad essere il garante della salute di prossimità con i giusti mezzi, è la conoscenza oggettiva del territorio – un tempo si diceva bacino di utenza – che le sta attorno. Da questa conoscenza dipende la formulazione del giusto mix di fattori che costituiscono la catena del valore: format più o meno ibrido, magazzino e livello di stock, organizzazione, assortimento, tipologia di assistenza e relazione, servizi per la salute e tipologia di attività di marketing. È come una ricetta, che produce la risposta migliore – e quindi la cura – quando i diversi componenti sono miscelati nei giusti dosaggi e coerenti alle caratteristiche del territorio in cui è la farmacia.
Insomma, ogni farmacia deve trovare la sua formula…
Proprio così. E da questa formula discendono poi le scelte in fatto di online e di e-commerce: un sito-vetrina? Un portale stile marketplace? Dipende, proprio come la scelta dell’impianto di illuminazione per la propria casa. E quindi: online si o no? Dipende. Social sì o no? Dipende. Human o high-tech? Dipende.
Il fatto, però, è che per molti titolari internet, e-commerce e anche intelligenza artificiale sono fonte di diffidenze molto più che una lampadina e una presa di corrente…
Capisco ma sono riserve che vanno superate: come diceva Heidegger, occorre conciliare essere e tempo. Direi che nel caso della farmacia, poi, il binomio diventa trinomio: conciliare essere, tempo e territorio. Che significa: profilo sociodemografico della popolazione di riferimento, condizioni sanitarie e culturali, digital divide, interessi, presenza di altre strutture sanitarie, offerta commerciale concorrente, linee di trasporto e pendolarità e via a seguire. Le risposte verranno da loro.