Oltre ai pure player, ossia le farmacie e parafarmacie che ricavano dall’online la quota principale dei loro fatturati, anche le società dell’home delivery riusciranno a essere presenti al tavolo del ministero della Salute su e-commerce e recapito domiciliare. È innanzitutto il caso di Pharmap, azienda siciliana ormai controllata all’80% da Cgm Italia, che come Talea Group-Farmaè, Atida eFarma, 1000Farmacie, Farmacia Loreto e Farmacosmo dovrebbe riuscire ad avere occhi e orecchie al tavolo ministeriale grazie ad Assoram, l’associazione dei depositari. «Il nostro augurio»» commenta Giulio Lo Nardo, sales director di Pharmap «è quello non solo di essere presenti, ma illustrare anche al tavolo ciò che facciamo». «Ben venga questa occasione di confronto» aggiunge Alessandro Avezza, country manager e vicepresidente area Italia di Cgm «un chiarimento riguardo a regole e ambiti dell’home delivery ci consentirà soltanto di fare più tranquillamente il nostro lavoro».
Stesso auspicio da Maurizio Campia, ceo e co-founder di Pharmercure, altra società (piemontese) che fa home delivery per le farmacie. «Anche noi stiamo ragionando su un eventuale accasamento con qualcuna delle sigle che sono state invitate dal Ministero» ammette «quello che ci interessa è far avere il nostro punto di vista, se ci fosse in programma un giro di audizioni. In questi anni abbiamo maturato un’ampia esperienza sul campo, riteniamo quindi di poter essere un riferimento rispetto a come vanno intese e applicate le regole. Ricordo per esempio che la nostra piattaforma di delivery non contiene immagini dei farmaci con ricetta, per non violare le regole sulla comunicazione al pubblico, consente sempre all’utente di scegliere la farmacia cui rivolgersi e non permette di procedere al pagamento dell’ordine prima che la farmacia lo abbia preso in carico. Non a caso, abbiamo sempre superato a pieni voti tutti i controlli dei Nas e per questo riteniamo di avere qualcosa da dire in tema di regole».
Intanto emergono altri dettagli sul registro con cui, da gennaio, lavorerà il tavolo ministeriale: home delivery ed e-commerce verranno trattati separatamente in due distinti sottogruppi di lavoro, e se sul recapito domiciliare non è difficile immaginare quali saranno i temi che genereranno i confronti più intensi, sulla vendita a distanza del farmaco i punti potenzialmente spinosi sono parecchi. A partire dalla “doppia identità” con cui diversi retailer digitali si presentano al pubblico: parafarmacia per l’autorizzazione ministeriale che ne certifica l’attività online, farmacia per il nome o la simbologia utilizzata sul sito. Sono parecchi gli e-commerce dalle due vite: Farmacialoreto.it, per esempio, è nata come farmacia online ma dal 2019 l’attestazione ministeriale riporta a una parafarmacia di Casoria, nella provincia partenopea; Amicafarmacia.it, altro e-commerce storico del canale, dalla fine del 2021 non fa più capo alla Farmacia Madonna della Neve di Bagnolo Piemonte ma alla parafarmacia Farmaè, sempre nello stesso comune; Drmax.it, il portale della nota catena, è abbinato da luglio a una parafarmacia di Telgate, in provincia di Bergamo, dov’è ubicato il nuovissimo ce.di (centro di distribuzione) del gruppo.
Non è un caso se sono soprattutto le catene ad abbinare il loro e-commerce a una parafarmacia (in maniera peraltro legittima): poiché per gli esercizi di vicinato non c’è il vincolo della pianta organica, questo genere di punti vendita può essere ubicato in prossimità se non addirittura all’interno del magazzino dal quale partono gli ordini dell’online, abbreviando così gestione e percorso dei pacchi. I quali, come prescrive la circolare applicativa del ministero della Salute datata 10 maggio 2016, quando si tratta di farmaci otc devono arrivare al destinatario finale dall’esercizio cui è intestato il sito.
NB: in rosso correzioni apportate il giorno 19 dicembre per chiarire ulteriormente la linea dell’articolo.