Il 59% delle imprese italiane ha già sperimentato strumenti di Intelligenza artificiale (Ai), in particolare per l’automazione e ottimizzazione dei processi (38%), l’analisi dei dati (16%) e la gestione dei rischi (15%). Tra gli italiani invece, uno su quattro dichiara di avere provato applicazioni per la generazione di testo come ChatGPT e Bard, il 15% dice che continuerà a farlo e il 38% ritiene che l’utilizzo dell’Ai possa avere applicazioni positive nell’ambito della salute. Sono alcuni dei dati che arrivano dall’indagine condotta da Deloitte sull’Intelligenza artificiale in Italia e presentata nei giorni scorsi all’Innovation Summit di Roma. Obiettivo della ricerca, misurare sentiment e opinioni di cittadini e imprese sull’Ai a un anno dal lancio di ChatGPT, la nota e discussa piattaforma ad accesso open.
Tra le aziende intervistate, in particolare, oltre il 40% dichiara che aumenterà gli investimenti in Ai nei prossimi tre anni, per migliorare il data management (49%), lo sviluppo di prodotti e servizi (45%) e i sistemi software (41%). Un 10% degli investimenti, invece, potrebbe servire per adeguare il capitale umano, mentre il 5% potrebbe portare a operazione di M&A quali acquisizioni, joint-venture, partnership e alleanze strategiche.
Ma quali sono i benefici che le aziende puntano a ottenere? Il 45% si aspetta una maggiore efficienza e produttività, il 40% pensa a una riduzione dei costi dell’azienda. Quote inferiori ma significative puntano all’abilitazione dei nuovi modelli di business (23%) e alla capacità di guadagnare reattività rispetto ai cambiamenti esterni (20%), nonché maggiore controllo ed efficacia nel controllo dei rischi (20%). Tra le aree aziendali che potrebbero ricavare il maggiore valore aggiunto ci sono le operations (49%), l’amministrazione e il controllo di gestione (34%), le infrastrutture e sistemi It (30%), il settore sales (17%) e il comparto R&D e innovazione (13%).
Velocità e successo di tale evoluzione, tuttavia, dipenderanno anche dalla capacità di superare le barriere che ostacolano la diffusione dell’Ai: mancanza di conoscenze e competenze tecniche (le cita il 40% delle aziende intervistate), l’incompatibilità tecnologica con i sistemi attuali (37%), la carenza di adeguate risorse finanziarie (31%), che nel caso delle aziende del Sud arriva al 47%. Altri ostacoli segnalati dalle imprese sono la difficoltà nella raccolta e gestione dei dati (27%) e la maturità del mercato/settore di riferimento (17%). Il 66% dei rispondenti, inoltre, fa notare come nel breve periodo la maggior parte delle tecnologie e innovazioni da Ai abbia un costo proibitivo per la maggior parte delle aziende italiane. Tuttavia, il 53% confida che i costi tenderanno a ridursi progressivamente grazie a economie di scala, sinergie, guadagni di efficienza e produttività.
E gli italiani? Attualmente la traduzione simultanea di testi è la funzione Ai più utilizzata (la cita il 43% degli intervistati e il 36% pensa che continuerà a usarla), ma riscuotono grande successo anche gli assistenti vocali (il 40% ne fa uso e il 29% continuerà a sfruttarli) e le previsioni del traffico in tempo reale (consultate dal 37%). Tra le applicazioni ancora di “nicchia” la guida autonoma di veicoli (il 13% l’ha provata, il 4% continuerà), la creazione di contenuti artistici e multimediali (l’11% ha provato, il 5% continuerà) e quelle per i servizi finanziari (provati dal 10%, continueranno a essere usati dal 5%).
Alla domanda su quali invece potrebbero essere i settori dove dirigere prioritariamente lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi Ai, gli italiani citano innanzitutto l’ambito medico (38%). E tra chi scommette sull’Ai per il settore della salute, il 57% immagina di utilizzarla per monitorare le proprie condizioni e rilevare parametri non a norma, il 52% pensa che sarà utile alla ricerca farmaceutica-sanitaria, il 47% ipotizza un miglior accesso a servizi di prevenzione o assistenza sanitaria personalizzata, il 41% spera in un supporto alla diagnosi attraverso l’analisi di dati. Significativa anche l’indicazione sul settore dei servizi pubblici e l’interazione con la Pubblica amministrazione (31%), che grazie all’Ai potrebbe essere migliorata tramite l’automazione e semplificazione burocratica. Al terzo posto (30%), invece, l’indicazione di un possibile utilizzo applicato a “telecomunicazioni, media e intrattenimento”.
Ma al di là di attese e previsioni, quanto conoscono l’Ai gli italiani? La ricerca divide in quattro gruppi: i “grandi conoscitori” (17%) che affermano di conoscere bene le applicazioni e i prodotti Ai, nonché la tecnologia sottostante; i “grandi utilizzatori” (19%), che dicono di utilizzare frequentemente prodotti e servizi Ai nella vita quotidiana e sono interessati ai futuri sviluppi; i “non utilizzatori” (22%) che ammettono uno scarso uso e interesse, e infine i diffidenti (42%), che esprimono timore o preoccupazione per i futuri rischi legati all’uso di tale tecnologia.