Sondaggio Farmacentro, tre titolari su quattro freddi verso l’online. Intanto italiani sempre più digitali
Nonostante la digitalizzazione incalzi e nell’ultimo paio d’anni abbia addirittura accelerato per effetto dell’emergenza pandemica, sono ancora tanti i farmacisti titolari che si mostrano decisamente “freddi” nei confronti delle sue applicazioni più diffuse. E questo quando, dall’altra parte, sono sempre di più gli italiani che acquistano dimestichezza con gli strumenti della cosiddetta “omnicanalità”. È lo scenario bipolare che si ricava a mettere assieme le evidenze provenienti da due recentissime indagini, una rivolta al mondo della farmacia e l’altra ai consumatori di casa nostra.
La ricerca che coinvolge il “ceto” dei farmacisti titolari è stata condotta la settimana scorsa da Farmacentro, la cooperativa che serve le farmacie di Marche, Umbria, Emilia Romagna,Toscana, Abruzzo e Lazio. In collaborazione con Netcomm, il consorzio italiano delle imprese che fanno e-commerce, il distributore del centro Italia ha lanciato un sondaggio online tra i soci e gli affiliati del suo network Mia Farmacia, per tastarne il polso su commercio elettronico, il marketing digitale e multicanalità. «I risultati» spiega Marco Mariani, direttore generale di Farmacentro «mettono assieme le risposte fornite da un campione di più di 200 partecipanti e disegnano l’identikit di un farmacista scarsamente digitalizzato, poco consapevole dell’impatto che avrà l’e-commerce sul proprio business e largamente insoddisfatto delle azioni individuali intraprese finora». Per cominciare, il 52% degli intervistati ha detto di non avere un sito internet e soltanto il 13% del campione ha dichiarato di avere un sito internet dove commercia prodotti dell’healthcare il resto ha aperto solo siti vetrina.
Aprire un sito di e-commerce, le principali criticità secondo i tit0lari
Le criticità più citate dai farmacisti riguardo all’avvio di un’attività e-commerce sono principalmente due (vedi sopra): il livello di competizione che si incontra sul web (per colpa del quale si dovrebbero praticare prezzi così risicati che non rimarrebbe un margine soddisfacente) e il volume degli investimenti necessari, insostenibili per una piccola farmacia. Di conseguenza, più della metà del campione (il 53%) assicura che nel futuro più prossimo la sua farmacia non investirà nello sviluppo di un proprio sito, perché non si ritiene pronta ad affrontare l’impegno; stessa risposta da un altro 21% di titolari, che però motivano la scelta con l’assenza di fiducia nell’e-commerce (vedi sotto).
Quanto investirà in futuro per lo sviluppo di un sito di e-commerce?
Se la preclusione verso l’online è motivata dall’insostenibilità dell’impegno (economico o imprenditoriale), non è detto che l’orientamento possa cambiare quando c’è qualcuno che viene in aiuto, magari il network o la cooperativa. Quasi la metà dei farmacisti, infatti, esprime interesse per un sistema di e-commerce sviluppato in rete, altri (in percentuale nettamente inferiore) darebbero una chance a un servizio di delivery generalista (tipo Glovo o 1000Farmacie) oppure a un marketplace (Amazon, eBay o altro, dove però non è consentita la vendita di sop e otc, vedi sopra).
Quali modelli di business online suscitano maggiore interesse?
Non manca qualche contraddizione: anche se la maggior parte degli intervistati disdegna o trova troppo impegnativo l’e-commerce, il 65,8% ammette comunque che lo sviluppo dell’online inciderà sul fatturato della sua farmacia. Danno da pensare anche le risposte alla domanda diretta a valutare l’uso dei principali strumenti digitali: prevale nettamente l’uso di post gratuiti sui social network (dice di non utilizzarli solo il 17% del campione), i meno praticati invece sono l’e-mail marketing (non lo usa il 60,3% dei rispondenti), i post a pagamento sui social media (dice no il 64%), il servizio di prenotazione per prodotti e servizi dal sito o dall’app (65,7%) e le comunicazioni a pagamento sui canali Google (78,4%).
Ha adottato un sistema di prenotazione online per tamponi e servizi?
Ma la resistenza dei titolari verso la digitalizzazione è dimostrata anche dalla domanda del questionario che ha esplorato le loro scelte rispetto alla gestione dei servizi in farmacia: lo tsunami di tamponi e vaccini che ha investito il canale tra la fine dell’anno scorso e l’inizio del nuovo avrebbe dovuto convincere molte farmacie ad affidarsi ad app e agende digitali per gestire con tranquillità telefonate e prenotazioni, invece il sondaggio di Farmacentro riporta un’altra realtà: soltanto il 32% del campione dice di avere adottato soluzioni tecnologiche appropriate (una o più) mentre il 68% ammette di non avere fatto nulla al riguardo. «In sostanza» conclude Mariani «più di due titolari su tre non hanno raccolto le opportunità offerte dalla digitalizzazione e hanno gestito le prenotazioni per tamponi e vaccini ancora con carta e penna. Invece il resto del retail viaggia nella direzione opposta, perché gli strumenti digitali non fanno soltanto risparmiare tempo ma consentono anche di raccogliere dati sui clienti che servono poi a lanciare operazioni di marketing con cui creare traffico. I dati sono il vero “petrolio” di questo millennio, non investire sulla loro raccolta è un errore strategico imperdonabile».
Il rischio, continuando su questa strada, è che si generi una divaricazione tra farmacia e consumatore: «Mentre Amazon guadagna sempre più spazio nella vita delle famiglie italiane» ricorda Mariani «una parte ancora consistente dei farmacisti titolari dice no all’e-commerce. Tra gli altri, una buona parte di chi si è mosso da solo con un proprio sito rivela di essere altamente insoddisfatto dei risultati ottenuti. Questo non meraviglia, perché il mercato dell’online farmaceutico è dominato da 19 operatori che fanno l’80% del giro d’affari complessivo. Oggi in Italia sono 1.300 gli esercizi autorizzati all’ e-commerce ma solo 500 dispongono di un sito effettivamente attivo, le restanti hanno vendite zero o soltanto sporadiche. Per giocare questa partita servono grandi investimenti economici, prezzi bassi, competenze digitali, un team preparato, una logistica impeccabile, un servizio clienti eccezionale e tanta pazienza. Tutti elementi che spiegano perché il singolo farmacista da solo, nella gran parte dei casi, fatichi a ottenere risultati soddisfacenti».
Osservatorio Multicanalità, gli italiani digital sono ormai 46 mln
Conferma l’Osservatorio Multicanalità, il laboratorio del Politecnico di Milano che in collaborazione con NielsenIQ monitora con una serie di indagini annuali evoluzione e sviluppo dell’e-commerce in Italia: i dati relativi al 2022 sono stati presentati la settimana scorsa a Milano e dicono che gli italiani “unplugged” (cioè sconnessi totalmente da internet e dal digitale) sono sei milioni, mezzo milione in meno rispetto a un anno fa soltanto. «Stiamo assistendo» ha detto Giuliano Noci, responsabile scientifico dell’Osservatorio Multicanalità «a una divisione “strutturale” della popolazione in due gruppi distinti in termini di capacità/opportunità di interazione multicanale: da un lato chi passa in modo fluido tra digitale e fisico durante il suo percorso d’acquisto, assumendo uno spazio misto di interazione con la marca; dall’altro chi non ha sviluppato queste abitudini ed è molto legato al punto vendita fisico per i propri acquisti. Questa divisione è figlia di un divario generazionale talmente forte da determinare ormai una polarizzazione irreversibile delle abitudini d’acquisto».
Info e acquisto, nel pharma e beauty offline ancora prevalente
Come già negli anni scorsi, il comportamento “multichannel” del consumatore italiano varia in modo considerevole a seconda dei diversi ambiti di acquisto. Il settore viaggi, in particolare, resta quello dove la digitalizzazione mostra la maggiore incidenza, dato che sono il 73% i consumatori che prima di acquistare cercano informazioni online e il 45% quelli che usano la rete anche per comprare. Nel canale pharma, invece, i valori sono nettamente inferiori ma comunque di un certo peso: sono il 30% coloro che cercano in rete le informazioni su prodotti e servizi e il 27% quelli che acquistano indifferentemente online e offline (a fronte comunque di un 70% che usa esclusivamente il canale fisico). Quote analoghe anche per il beauty: i consumatori che si informano online sono il 33%, quelli che acquistano indifferentemente in rete o nei canali fisici sono il 30%.