Farmacie attente, in Italia ed Europa i medici prendono le “distanze”. E gli esperti: visite in studio anacronistiche

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A prescindere da quanto decideranno Governo e singole Regioni sullo scaglionamento della ripresa di negozi e attività, farmacisti e medici di famiglia possono stare certi che – anche a emergenza definitivamente rientrata – due cose non torneranno più per un bel po’ di tempo: gli studi medici affollati di gente in attesa e i banchi delle farmacie assiepati di persone con la ricetta in mano. Anche quando ci saranno mascherine per tutti, se mai accadrà, gli esercizi dalla croce verde continueranno a tenere gli assistiti in fila sul marciapiedi ancora a lungo. E i pazienti andranno a visitare di persona il proprio mmg molto meno spesso di prima, ossia quando è davvero inevitabile. Perché – dicono gli esperti – il coronavirus non se ne andrà nel giro di una stagione, quindi certe “distanze” andranno conservate. E a “distanza” si continueranno a fare ricette e consulti.

Per alcuni, quest’idea di una sanità che fa muovere le persone il meno possibile è soltanto un’accelerazione di processi che già erano sottotraccia. Sergio Pillon, coordinatore della Commissione tecnica paritetica del ministero della Salute per lo sviluppo della telemedicina, scrive in un articolo pubblicato su agendadigitale.eu che il coronavirus ci ha soltanto rivelato quanto sia «stupido e anacronistico recarsi in ospedale o dal medico curante ogni volta che abbiamo l’influenza».

 

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Nel Regno Unito consulti medici spostati sulle piattaforme online

Non sono soltanto i medici italiani ad avere ridotto drasticamente le visite dei loro pazienti in studio o in ambulatorio. Come riferisce un articolo della Cnbc, nel Regno Unito il 99% dei consulti passa oggi dal telefono o dal web e molti curanti vedono i propri pazienti soltanto «occasionalmente». Risultato, è letteralmente esploso l’utilizzo delle piattaforme digitali che mettono in videocollegamento dottori e pazienti: eConsult, un software che consente la condivisione delle cartelle cliniche e agevola quindi la diagnosi a distanza del medico, contava due anni fa circa gestiva 300 consulti al mese, ora ne passano dalla piattaforma circa 12mila al giorno. AccuRx, servizio di messaggistica (formato testo) che collega medici di famiglia e pazienti, ha lanciato di recente il servizio di videochiamata o ora registra in media oltre 35mila consulti al giorno.
Alcune di queste piattaforme, come PharmaDoctor, hanno offerto di recente i propri servizi anche ai farmacisti, che possono così fornire consulti a distanza o rispondere alle domande degli assistiti senza averli di fronte al banco.

 

Certo, ammette Pillon, rimangono casi nei quali rimarrà per forza necessario recarsi fisicamente dal mmg, ma resta il fatto che andare in massa dal medico «trasforma l’ambulatorio e la sala d’attesa in un luogo di possibile contagio. Magari sei lì per il rinnovo della ricetta e ti trovi infettato, non solo dal coronavirus ma, molto più frequentemente, dall’influenza stagionale o da una delle tante malattie a diffusione respiratoria».

L’alternativa? La televisita ovviamente, che – scrive Pillon – è una visita a tutti gli effetti. «Se devo raccontare di un’influenza intestinale o di una gastrite, perché debbo andare per forza dal medico curante? E i dolori mestruali? Le cefalee ricorrenti? E per farmi rinnovare le ricette dei farmaci abituali? E per parlare di sintomi da raffreddamento? Non sarebbe meglio se ci fosse uno screening con televisita, che non significa visita per telefono ma visita vera, con interazione video e magari la trasmissione di parametri diagnostici?».

 

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Negli Usa tele e videoconsulti Medicare senza parcelle aggiuntive

Anche negli Stati Uniti si sta cercando di spostare sul web una buona parte delle visite e dei consulti medici. L’amministrazione Trump ha approvato una disposizione che consente agli assistiti di Medicare – il programma per l’assistenza sanitaria gratuita alle fasce meno abbienti – di parlare con un medico al telefono o in videocollegamento senza dover pagare parcelle aggiuntive.
Promettenti anche gli sviluppi delle piattaforme digitali per telemedicina e teleconsulto, ma le aziende del settore devono fare i conti con una legislazione federale lacunosa e norme che in molti Stati consentono la pratica soltanto ai medici registrati in loco. E così, i pazienti che chiamano dall’Illinois non possono farsi visitare da un dottore della California.

 

D’altronde, ricorda l’esperto, non servono apparecchiature sofisticate: un pulsossimetro costa oggi meno di 30 euro, tutti hanno a casa un termometro e molti anche lo sfigmomanometro. Quanto alla piattaforma per videocomunicare, bastano WhatsApp oppure Skype, che non registrano la conversazione «e quindi, dal punto di vista della privacy, equivalgono alla telefonata che fanno normalmente i medici ai propri pazienti». Inutile poi appellarsi al digital divide: «Molti anziani» ricorda Pillon «usano WhatsApp per tenersi in contatto con i nipoti e sanno usarla, quasi tutti dispongono di smartphone con videocamera. La televisita e il teleconsulto sono ben documentati nelle linee di indirizzo nazionali sulla telemedicina, recepite da tutte le normative regionali da anni».

La televisita, prosegue Pillon, non sostituisce la visita tradizionale ma la integra: può essere un filtro di primo livello, oppure fare da secondo livello di controllo. «È indispensabile che il medico in televisita disponga dei dati clinici di base del paziente, che l’assistito si prenoti in anticipo, che prepari i dati di base (motivo della richiesta, eventuali parametri clinici come temperatura e pressione arteriosa e, se non noti, i farmaci assunti e le malattie attive e pregresse). La televisita non è indicata per un’emergenza, ma è un ottimo primo livello».

 

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Anche in Francia è boom, in una settimana teleconsulti sestuplicati

Anche nella ben più vicina Francia le visite a distanza sono in fortissima crescita: confermano i dati della Cnam, la mutua pubblica, che nell’ultima settimana di febbraio si è vista fatturare 486mila teleconsulti, sei volte il totale della settimana preedente. Un incremento record: nonostante le visite mediche a distanza siano rimborsate dal servizio sanitario da un paio di anni circa, finora soltanto l’1% circa dei consulti passava dal digitale. Il coronavirus, però, ha alzato il tasso all’11% nel giro di poche settimane, e tra i medici di famiglia si arriva addirittura al 44%. Risultato, il provider Doctolib ha messo a disposizione dei medici la sua piattaforma di teleconsulto, a titolo gratuito.
Ha certamente soffiato sui numeri la disposizione del ministero della Salute che dall’inizio di aprile autorizza il teleconsulto per l’interruzione volontaria di gravidanza.  La paziente deve effettuare tre visite a distanza: la prima per essere informata sulla terapia e ricevere la ricetta, la seconda all’avvio del trattamento e l’ultima di controllo dopo 14-21 giorni.  

 

In questo contesto sarebbe opportuno appoggiarsi a piattaforme strutturate più che una semplice app commerciale, che consentano al medico di videochiamare dal pc e ai pazienti di prenotare tramite app collegata. Ma – ribadisce Pillon – «il concetto è semplice: nell’era del digitale, pensare di dover andare dal medico ogni volta che abbiamo l’influenza è anacronistico».

Non usa gli stessi aggettivi ma guarda nella medesima direzione Claudio Cricelli, presidente della Simg (Società italiana di medicina generale): «Il coronavirus» dice a Pharmacy Scanner «ci ha aperto gli occhi su strumenti e modalità di lavoro che finora avevamo trascurato. Sia chiaro: non è  telemedicina, è telemonitoraggio. Se prima chiedevamo ai pazienti di tornare in studio con i risultati di un esame, ora ce li facciamo dire al telefono oppure mandare in foto via Whatsapp. E tramite gli stessi canali chiediamo la rilevazione regolare di parametri che poi registriamo nella cartella clinica, per esempio la circonferenza delle caviglie nel caso dei cardiopatici».

 

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Le farmacie possono mettere in collegamento medici e pazienti

Oltre ad ammetterne la rimborsabilità, la legge che nel settembre 2018 ha esteso la copertura mutualistica al teleconsulto medico prevede che i terminali per il videocollegamento con il curante possano essere messi a disposizione dalle farmacie del territorio, in cambio di un rimborso forfettario di 1.125 euro il primo anno e una quota commisurata alle visite erogate (ma non superiore comunque ai 400 euro) per i successivi. Di fronte a tali cifre e all’impegno tecnologico richiesto, la maggior parte dei farmacisti titolari ha preferito restare alla finestra. Ma non è detto che lo sviluppo della domanda legato all’emergenza epidemia possa indurre parecchi a cambiare idea.

 

Piattaforme come le già citate Whattsapp e Skype, prosegue Cricelli, sono usate sempre più spesso per consulti a distanza medico-paziente: «Ci sono colleghi» spiega «che hanno creato gruppi di discussione di otto-dieci pazienti diabetici, con i quali si collegano periodicamente in videoconsulto». L’obiettivo è lo stesso di cui scriveva Pillon, ridurre allo stretto indispensabile le visite in ambulatorio. «Per parecchio tempo i nostri studi dovranno essere visitati il meno possibile, se non nei casi in cui non ci sono alternative. E visto che spesso venivano da noi soltanto per farsi ripetere la ricetta, organizzarsi per gestire le visite a distanza non è difficile. E molti medici stanno scoprendo che così si riesce a trovare tempo in più per ascoltare e seguire i pazienti quando hanno davvero bisogno».

Quello che serve per lavorare a distanza, poi, c’è già. «Non servono tecnologie complicate» conferma il presidente della Simg «abbiamo già tutto sotto mano: Whattsapp, Skype e ora anche UFirst, l’app che consente di prendere il ticket per la coda a distanza e presentarsi in studio (o in farmacia, ndr) poco prima che giunga il turno. Sono tutte applicazioni o piattaforme che in buona parte già usiamo o conosciamo. E così, quando qualcuno mi chiede che cosa può fare in questo momento per i genitori anziani, io gli suggerisco di regalare uno smartphone. La sanità viaggerà sempre più spesso di lì anziché dalla carta».

 

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E da gennaio anche in Germania i medici ricevono online

Dall’inizio dell’anno il teleconsulto via app ha fatto ufficialmente capolino anche in Germania. Il coronavirus, in questo caso, non ha colpe: il mercato ha mosso i primi passi attirato dalle opportunità della sanità privata e dalle prospettive legate alla dematerializzazione delle ricette, una novità che avrebbe dovuto vedere la luce con l’inizio della primavera e invece non arriverà prima dell’autunno. Tra gli attori che hanno piantato le tende in Germania la startup svedese Kry, un provider di servizi medici a distanza già presente in Gran Bretagna, Norvegia e Francia. La sua app è stata scaricata 1,2 milioni di volte in tutta Europa.
Agguerrita la concorrenza, che comprende Teleclinic, Zava (prima si chiamava Dr.Ed) e Spring, piattaforma dedicata alla disfunzione erettile. In Germania, d’altronde, la gran parte dei medici è autorizzata a fare diagnosi a distanza e le farmacie accettano senza difficoltà le loro ricette.

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