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«È vero, tre distributori a farmacia sono troppi. Va capito che più ne hai e più ti danno da lavorare»

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In media, dice una ricerca di Channel & Retail Lab della Sda Bocconi, ogni farmacia italiana si appoggia a 3,5 distributori intermedi. Francamente ero convinto fossero anche di più, sono comunque d’accordo con Erika Mallarini quando – nell’articolo di Pharmacy Scanner che scrive dell’indagine – rileva l’enorme differenza esistente con altri canali del retail, che si riforniscono da una sola piattaforma logistica o centro d’acquisto per la gran parte delle referenze. Nella gdo questo comportamento è persino imposto dai contratti che si sottoscrivono con l’insegna alla quale ci si affilia, i quali trasformano di fatto la “fedeltà” in una policy e non in un sentimento. Alcune farmacie virtuose hanno un alto livello di fedeltà, ma l’abitudine rimane sempre quella di tenere il piede in molte scarpe.

In passato molte farmacie hanno utilizzato i distributori anche come banche, scegliendo dilazioni di pagamento molto lunghe e arrivando talvolta a esposizioni poco sostenibili. In questo gioco dei ruoli si mischiavano i grossisti come carte, in modo da utilizzare il mix più opportuno in base all’esigenza finanziaria del momento piuttosto che a una strategia preordinata, ma oggi – fortunatamente, verrebbe da dire –  la prassi spinge per pagamenti a breve termine.

Il fatto è che molti farmacisti titolari non comprendono che più fornitori hai più lavoro ti ritrovi: consegne da gestire, documenti da compilare od ordinare, telefonate cui rispondere eccetera. Per ogni grossista in più si devono ripetere le stesse azioni un’altra volta, da cui sprechi di tempo dispendiosi perché oggi il tempo è la risorsa più preziosa.

Non solo: il farmacista titolare che preferisce disporre di un elevato – ma sarebbe meglio dire eccessivo – numero di consegne giornaliere, propende implicitamente per una farmacia che preferisce dispensare piuttosto che consigliare. Fatta eccezione per i farmaci prescritti da medici di famiglia e specialisti, la richiesta del cliente può essere gestita e soddisfatta con i prodotti di cui la farmacia è già fornita. Di più: se l’alternativa viene selezionata con cura e attenzione, il prodotto consigliato dal farmacista potrebbe rivelarsi ancora più indicato di quello chiesto dal cliente, le cui scelte derivano spesso da informazioni di amici e parenti o da notizie ricavate dal web o da altre fonti. Le farmacie che si limitano a dispensare, invece, si obbligano a tenere in magazzino una quantità eccessiva di referenze, quando invece occorrerebbe una corretta programmazione delle gamme in funzione alle esigenze del bacino d’utenza reale e potenziale.

Lo studio rivela anche quali sono i bisogni che il farmacista vorrebbe fossero soddisfatti dal suo distributore. Diventa evidente il motivo per cui sono nati i network organizzati da distributori intermedi e cooperative: tali reti, infatti, offrono proprio i servizi di cui la maggioranza delle farmacie vorrebbe usufruire in partnership, come la formazione, i servizi sociosanitari, gli strumenti gestionali, il category management, la comunicazione. Anche qui però emerge una peculiarità che è solo di questo canale: ci sono farmacie che appartengono a più network e questo non può che generare confusione. Questa “malabitudine” è un altro indizio di mancanza di visione e progettualità, che invece sono oggi più necessari che mai nel mondo farmacia.

Anche io come Mallarini, infine, ipotizzo un’accelerazione delle concentrazioni, anche in considerazione del fatto che alcuni distributori stanno facendo importanti “campagne acquisti” tra le farmacie. Anche per questo motivo, è importante che i farmacisti titolari correggano abitudini e comportamenti che apportano “confusione” gestionale: i cambiamenti di scenario non sono assolutamente finiti.

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