Intelligenza artificiale, a Wba serve per dare più tempo al consiglio. In Italia può attutire la carenza di personale

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Entro il 2025, Walgreens Boots Alliance robotizzerà la spedizione di metà circa delle ricette che transitano dalle farmacie del gruppo: una rete di centri automatizzati provvederà al cosiddetto “riempimento” (ossia la preparazione dei tubetti con le pillole sfuse) per i farmaci di uso più comune, le singole farmacie continueranno a occuparsi delle prescrizioni di medicinali che richiedono condizioni di conservazione particolari o appartengono a categorie “speciali”, come gli stupefacenti. Il piano è stato annunciato una decina di giorni fa da Roz Brewer, ceo di Wba, che ha anche rivelato gli obiettivi cui punta l’operazione: all’origine non ci sono carenze di personale laureato né tagli ai costi degli organici, l’intento è solo quello di ridurre il tempo che i farmacisti dedicano alle incombenze più ripetitive e burocratiche perché lo utilizzino per il consiglio al banco e per i servizi, che con la pandemia hanno accresciuto la loro rilevanza.

Non solo: come diversi analisti americani hanno osservato, molto probabilmente il piano di Wba nasce anche con l’obiettivo di differenziarsi dalle farmacie online come PillPack e Capsule (di Amazon e Cvs rispettivamente), che continuano a erodere quote di mercato al retail tradizionale e hanno già automatizzato da tempo il “refill” delle ricette, ma non sono ovviamente competitive  sui servizi in farmacia.

Il caso di Wba invita a una riflessione anche il mondo della farmacia italiana. Dove la priorità – per non dire l’emergenza – è rappresentata oggi dall’insufficienza di personale laureato. Gli annunci per la ricerca di farmacisti sono ormai una presenza fissa su social come Linkedin e Facebook ma all’orizzonte non si intravedono miglioramenti e la domanda (di collaboratori) continua a essere superiore all’offerta. L’esempio di Walgreens diventa allora paradigmatico: se rinfoltire gli organici diventa una fatica, perché non sfruttare la tecnologia per affidare alle macchine le attività più ripetitive e “stupide”, e lasciare all’uomo le incombenze che un algoritmo non è in grado di gestire?

 

Riordino automatico: fino a 400 ore di lavoro risparmiate all’anno

D’accordo, in Italia non c’è il cosiddetto “refill” delle ricette, ma sono diverse le attività che in alcune felici esperienze sono già state delegate – e con profitto – all’intelligenza artificiale e alle macchine. Per esempio il riordino automatico delle scorte: Pharmacy Scanner si era già occupato del tema tre anni fa, vale la pena di tornarci oggi per un aggiornamento cominciando da una delle case history più interessanti: quella di Carep, la piattaforma sviluppata da Unico. «A un triennio dal lancio sono 130 le farmacie che utilizzano il nostro sistema per fare ordini a tutti i grossisti forniti di gestionale compatibile» spiega Antonio Peroni, amministratore delegato di Unica. «I volumi? Posso riferire soltanto i dati di Unico: in un anno, arrivano da Carep circa 75 milioni di ordini».

Il cuore del sistema è un algoritmo che stima il fabbisogno giornaliero di ogni singolo prodotto del magazzino sulla base dello storico dei consumi e di una serie di impostazioni definite dalla singola farmacia. Carep, in sostanza, analizza i flussi di vendita e di magazzino, migliora la gestione di sospesi e mancanti, ottimizza le giacenze e infine ordina a tutti i grossisti di riferimento, sulla base delle offerte commerciali proposte e delle scelte di acquisto preimpostate. «Il sistema non sostituisce l’uomo» riprende Peroni «che continua a mantenere la supervisione e decide i parametri di riferimento. Fa risparmiare tempo e riduce gli errori sulle operazioni di routine». L’osservazione sul campo, in particolare, ha dimostrato che in un anno Carep fa risparmiare circa 400 ore di lavoro, che possono essere investite proficuamente nell’assistenza al banco o nei servizi. «Le giacenze di magazzino» riprende Peroni «si riducono in media del 10% e l’evasione delle richieste arriva al 96%, dunque i sospesi non superano il 4%. È inoltre disponibile una funzione che consente il corretto approvvigionamento dei farmaci carenti. Tutto ciò rende la piattaforma efficace anche nelle farmacie sotto i 500mila euro dove gli ordini sono incombenza esclusiva del titolare che non ha collaboratori cui appoggiarsi».

Anche la trentina Unifarm ha investito parecchio sull’automazione del riordino e il suo sistema, chiamato Sara, è oggi utilizzato da 250 farmacie del suo network Unilife. «La difficoltà di reperire personale aggiuntivo è oggi un nuovo vantaggio per le farmacie che decidono di dotarsi del nostro sistema di riordino» spiega a Pharmacy Scanner Francesca Rauzi, vicepresidente di Unifarm «Sara non soltanto fa risparmiare tempo al titolare o all’addetto al riordino perché ottimizza le scorte, snellisce la gestione dei sospesi, aumenta il livello di servizio, accelera gli spostamenti di merce dalle doppie locazioni riducendo gli stock, specialmente degli alto-rotanti. Il risultato è una riduzione significativa delle giacenze di magazzino, con decrementi medi del 30% e picchi anche del 50%».

 

Le app per servizi e prenotazioni: non serve più una risorsa fissa al telefono

Tra i contributi che la tecnologia mette al servizio della farmacia per dare più qualità al tempo del suo team, Rauzi cita anche la App Unilife per mobile. «L’agenda digitale» osserva «consente di gestire servizi e prenotazioni, per esempio su tamponi e vaccinazioni, ma anche sui servizi su cui la farmacia dovrà puntare come importante eredità del periodo Covid senza dover dedicare una risorsa a telefonate e appuntamenti».

 

Le casse automatiche: più attenzione al cliente

Nell’elenco delle attività “automatizzabili” per ovviare alla carenza di personale si possono annoverare anche le casse automatiche. «Noi le installiamo di default in tutte le farmacie Unica» avverte Peroni «però attenzione, non parliamo delle casse self-checkout che vediamo sempre più spesso negli ipermercati ma di casse che si limitano a gestire automaticamente soltanto il cash: il farmacista passa i prodotti allo scanner, il gestionale calcola il totale e il cliente paga al terminale. Il farmacista non deve prestare tutta la sua attenzione a soldi e resto e così ha più tempo per parlare con l’assistito, dare qualche consiglio, curare il rapporto ad personam e quindi fidelizzare». Concorda Francesca Rauzi: «Le casse automatiche fanno parte della proposta di Unifarm da diversi anni e hanno cambiato la vita di chi le usa» ammette «l’attenzione verso il cliente ne ha guadagnato senz’altro».

Non parrebbero convincere, invece, le casse self-checkout che, come detto sopra, la gdo sta utilizzando sempre più largamente. E che si cominciano a vedere in farmacia ma soltanto di qualche Paese vicino, come Svizzera e Francia. «Forse» è il parere di Peroni «con queste casse i farmacisti verrebbero ulteriormente invitati a “scavalcare” il banco e andare a presidiare scaffali e corsie. Ma ritengo che il cliente della farmacia non sia ancora culturalmente pronto». (continua)

 

Casse self check-out, la prima volta volta in una farmacia francese…

Sono quattro le casse “self-checkout” installate da un semestre circa nella farmacia della stazione Saint-Lazare di Parigi, la prima in Francia a dotarsi di tali apparecchi. Trecento mq di superficie, 40 dipendenti, l’esercizio appartiene alla categoria delle cosiddette “high street pharmacy”, le farmacie da centro città, e la sua titolare, Mathilde Clément, ha voluto le casse «per dare risalto al valore aggiunto rappresentato dai farmacisti, che ora possono dedicarsi esclusivamente alla consulenza. E il lavoro è nettamente più gratificante che stare dietro a uno schermo a prendere e dare denaro». Le casse self-checkout possono essere utilizzate soltanto per pagare farmaci e prodotti senza obbligo di prescrizione.

…E nella farmacia Zur Rose di Spreitenbach, in Svizzera

Sono quattro le casse “self-checkout” installate da un semestre circa nella farmacia della stazione Saint-Lazare di Parigi, la prima in Francia a dotarsi di tali apparecchi. Trecento mq di superficie, 40 dipendenti, l’esercizio appartiene alla categoria delle cosiddette “high street pharmacy”, le farmacie da centro città, e la sua titolare, Mathilde Clément, ha voluto le casse «per dare risalto al valore aggiunto rappresentato dai farmacisti, che ora possono dedicarsi esclusivamente alla consulenza. E il lavoro è nettamente più gratificante che stare dietro a uno schermo a prendere e dare denaro». Le casse self-checkout possono essere utilizzate soltanto per pagare farmaci e prodotti senza obbligo di prescrizione.

 

L’automazione del magazzino: tempi di stoccaggio -25%

Una disamina di ciò che può fare la tecnologia per alleviare le carenze di personale non può omettere la robotica di magazzino, una delle automazioni più diffuse tra i farmacisti titolari: secondo alcune stime, le farmacie con robot sono ormai più del 10%. «Gli esercizi che l’adottano sono in costante crescita» osserva Pierfrancesco Verlato, direttore marketing del gruppo Th.Kohl cui fa capo Pharmathek «un magazzino automatizzato non significa soltanto recuperare tempo che i collaboratori possono utilizzare per il consiglio o i servizi, ma vuole anche dire più tempo di qualità e quindi minori rischi di burn out e stress sul luogo di lavoro».

Progresso e innovazione, poi, hanno arricchito funzioni e capacità dei robot da magazzino: «Già da tempo sono disponibili sul mercato modelli che tengono conto delle scadenze e lavorano in modalità first in-first out» riprende Verlato «oppure hanno la capacità di smistare i prodotti su uscite differenziate per cliente, in modo da evitare errori nella dispensazione». La logica, in sostanza, è quella che è all’origine di ogni robotizzazione: «affido alle macchine le mansioni più ripetitive e noiose» spiega Verlato «e consento all’uomo di dedicarsi alle competenze realmente professionalizzanti».

Considerazioni analoghe da Luca Guglielmi, direttore vendite di Bd Rowa. «L’automazione aiuta a recuperare tempo e risorse» rimarca «prima della pandemia avevamo commissionato una ricerca che metteva a confronto cento farmacie con magazzino robotizzato e cento dalle caratteristiche assimilabili che invece ne erano prive. Risultato, quelle automatizzate hanno mostrato tempi di stoccaggio inferiori del 25% e tempi di ricerca più contenuti di circa un terzo». Un risparmio che si è tradotto in un miglioramento delle vendite. «In media, le farmacie con robot di magazzino mostravano un 5% in più a valore negli scontrini, perché il tempo risparmiato in stoccaggio e ricerca è stato reinvestito nel consiglio e nella cura del cliente. E quindi più cross selling, più acquisti, più attenzione ai bisogni dei consumatori, anche inespressi».

Attenzione però: causa ed effetto non si susseguono per automatismo, occorre che la farmacia capitalizzi il suo patrimonio di tempo risparmiato con un’organizzazione ancora più “raffinata” del team. «L’automazione del magazzino ottimizza il lavoro delle persone» avverte Pierre Emanuel Telleri, direttore della London Pharmacy Accademy «ma poi si pone l’esigenza di come riempire il tempo risparmiato per farne tempo di qualità. Non si può pensare che basti chiacchierare un po’ di più con il cliente, occorre invece che il farmacista titolare lavori su protocolli di consiglio che diano coerenza e univocità al consiglio dei suoi collaboratori».

Ma dei benefici dell’automazione può beneficiare anche la piccola farmacia che non ha altro personale all’infuori del titolare. «Ciò che conta è il cambio di paradigma» avverte Guglielmi «anzi in proporzione il guadagno di tempo può anche essere superiore a quello di una grande farmacia».

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