Calo degli ingressi, per la farmacia è l’emergenza nell’emergenza pandemica

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Per le farmacie, il calo degli ingressi rappresenta ormai l’emergenza nell’emergenza pandemica. Le statistiche vanno sempre lette con la regola del mezzo pollo ma non ingannano mai: nel 2020, dice Iqvia, le farmacie hanno battuto il 9% in meno di scontrini rispetto all’anno precedente; nei primi due mesi del 2021 il calo è del 22% rispetto allo stesso periodo del 2020. Davanti a questi numeri si può fare soltanto una riflessione: i canali del Largo consumo hanno fatto sforzi cospicui per cercare di cambiare e venire incontro al consumatore nel lockdown e nel post-lockdown, la farmacia invece si è prodigata tantissimo per assicurare la disponibilità di farmaci e dispositivi di sicurezza ma si è interrogata molto poco sul proprio assetto.

Pensiamoci: l’approccio della farmacia è ancora quello di attendere la visita del cliente, raramente si muove per anticipare. E quando si parla di digitalizzazione, il pensiero corre quasi sempre e soltanto all’e-commerce: risultato, nell’ultimo anno molte farmacie hanno deciso di cimentarsi con l’online, dimenticando che questo è un mercato altamente competitivo e a spartirsi gran parte del business sarà sempre una ristretta minoranza di retailer.

In tantissimi hanno rivolto un pensiero all’online, pochi si sono chiesti se il normale lay out della farmacia abbia senso ancora oggi. Il tempo di permanenza nel punto vendita si è ridotto visibilmente, occorrerebbe rimuovere la sovrabbondanza espositiva e proporre gamme più selezionate, imperniate sulla qualità anziché sul prezzo. Troppo spesso il display dei prodotti non comunica: andrebbero messe in risalto le caratteristiche delle referenze sulle quali il farmacista intende puntare, se l’offerta resta indistinta vincono i brand più conosciuti.

Molti clienti hanno preso l’abitudine di telefonare per chiedere se c’è un certo prodotto prima di recarsi in farmacia. L’obiettivo, ovviamente, è quello di risparmiare passaggi inutili e così molti farmacisti finiscono per considerare il telefono una seccatura. In realtà se ci si organizza per bene, è una grande opportunità. Anche i programmi di loyalty potrebbero essere sfruttati meglio: la fidelizzazione non si ottiene con i punti-spesa, ma con la profilazione dei clienti e con proposte promozionali esclusive gestite per target.

La pandemia ha permesso a molte farmacie di mettere in risalto l’offerta di servizi alla comunità: i tamponi innanzitutto, ma anche ecg e holter (la domanda di analisi diagnostiche è cresciuta tantissimo); su questo fronte, la farmacia si è presentata come un’alternativa più accessibile e sicura delle strutture sanitarie, che molti italiani continuano a evitare perché temono il contagio. Le farmacie continuino a sfruttare le opportunità del momento, ma si ricordino anche che per questi servizi occorrono spazi appropriati e personale ben formato alla relazione.

Questa è la direzione e qualcuno la sta già imboccando: capita di vedere farmacisti titolari che si riorganizzano per processi “aziendali”, con interventi cioè che non riguardano il look della farmacia ma esplorano nuove formule di retail, declinate anche sul digitale (ma non necessariamente nell’e-commerce) e accompagnate da un’adeguata formazione per titolari e dipendenti. Le reti? Aggregarsi può essere un’altra risposta efficace, ma a patto di entrare in network virtuosi che aiutino le farmacie a cambiare.

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