Skin ADV

Online ed esclusive commerciali, dalla Francia un caso che fa scuola

Mercato

E’ un dato di fatto, l’e-commerce ha le apparenze di uno schiacciasassi che non rispetta confini e mercati nazionali, esclusive commerciali e contratti di distribuzione. Ne sa qualcosa – giusto per fare un esempio – Unifarco, ben nota ai titolari per il rigore con cui commercializza sul territorio la propria linea di prodotti a marchio: è una politica largamente apprezzata dai titolari, messa però a rischio oggi da Amazon e da quelle farmacie che, sulla piattaforma del colosso americano, hanno iniziato a proporre le referenze dell’azienda bellunese.

L’apolidità dell’online non è un problema soltanto italiano: in Francia ha fatto scalpore la guerra giudiziaria che da quasi tre anni contrappone 1001pharmacies.fr, marketplace in stile Amazon ma dedicato alla farmacia, e Caudalie, noto marchio del comparto cosmetico. La querelle esplode nel dicembre 2014, quando l’azienda francese ingiunge al sito di e-commerce di cessare la vendita dei propri prodotti: i contratti di vendita sottoscritti con le farmacie clienti, sostiene Caudalie, consentono la commercializzazione online ma soltanto sui siti delle farmacie stesse, non su piattaforme come 1001pharmacies (o Amazon).

Il portale non sta con le mani in mano e nel 2015 porta la questione davanti al Tribunale del commercio francese. Ne scaturisce una controversia giudiziaria che nel febbraio del 2016 produce la prima sentenza, della Corte di appello di Parigi: vietare la vendita online su piattaforme tipo marketplace, dicono i giudici, rappresenta un’ingiustificata restrizione della concorrenza. Dunque Caudalie non può impedire a 1001pharmacies di vendere i suoi prodotti.

L’azienda di cosmetici però non ci sta e impugna la decisione davanti alla Cassazione. Che pochi giorni fa – il 19 settembre – rovescia la sentenza d’appello: rientra nelle legittime politiche commerciali delle imprese selezionare i circuiti distributivi sui quali commercializzare i propri prodotti.

Se il caso francese merita di essere analizzato anche da chi sta in Italia è perché la stessa contrapposizione tra esigenze del mercato e istanze delle imprese si ritrova nella relazione con cui a maggio la Commissione europea aveva concluso la propria indagine conoscitiva sulle pratiche anticoncorrenziali nell’e-commerce. Il documento, che annuncia un prossimo intervento normativo a tutela dei consumatori, denuncia il sempre più diffuso ricorso a restrizioni contrattuali e distribuzioni selettive da parte delle aziende, con l’obiettivo di controllare la commercializzazione dei propri prodotti e i prezzi di vendita. «Alcune di queste pratiche» conclude la Commissione «possono essere giustificate quando l’obiettivo è quello di migliorare la qualità della distribuzione». Quando invece mirano a privare il consumatore dei benefici derivanti da un allargamento dei rivenditori dove acquistare e dalle offerte che caratterizzano l’online, tali pratiche vanno contro la concorrenza e violano le norme europee per il libero mercato. E questa è senz’altro un’indicazione che può essere di riferimento anche per la filiera italiana.

Altri articoli sullo stesso tema