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Aderenza terapeutica, da Usa e Francia esperienze che tracciano la via

Filiera

L’aderenza terapeutica è ormai una priorità nelle agende dei servizi sanitari e delle mutue – pubbliche e private – di tutti i Paesi avanzati. E, dicono le previsioni, sarà qui in Italia uno dei principali fronti di competizione tra catene e farmacie indipendenti, prima ancora delle promozioni e di servizi ad alto valore aggiunto come il recapito a domicilio. Per convincersene basta andare a guardare quanto accade negli Stati Uniti: quasi tutte le insegne – da quelle nazionali come Cvs Pharmacy alle regionali come Lewis Drug o Thrifty White – hanno lanciato negli ultimi anni programmi per l’aderenza terapeutica finalizzati a incrementare l’outcome dei trattamenti o ridurre complicanze e ricoveri. E i risultati conseguiti sul terreno dell’appropriatezza vengono regolarmente sbandierati dalle singole catene nella loro comunicazione aziendale, non solo per conquistarsi la fiducia di fondi sanitari e assicurazioni (che preferiscono convenzionarsi con le insegne che meglio usano i loro soldi) ma anche per conseguire punteggi migliori nelle valutazioni di Medicare, il piano pubblico per l’assistenza sanitaria e farmaceutica alle fasce sociali più deboli. Come spiega Bill Ladwig, vicepresidente senior di Lewis Drug «cerchiamo di raccogliere ogni dato possibile sui livelli di aderenza che assicuriamo e lo divulghiamo estesamente».

Ma dagli Usa arriva anche un’altra indicazione degna di nota: mentre in Italia quando si parla di aderenza terapeutica in farmacia si pensa principalmente al monitoraggio dei trattamenti, negli Usa invece il tema viene oggi declinato sempre più spesso sul terreno del blisteraggio personalizzato. In altri termini, per le farmacie americane fornire ai pazienti un servizio di aderenza terapeutica significa allestire “pilloliere” settimanali o mensili che aiutano il paziente in multitrattamento ad assumere di giorno in giorno e all’ora indicata tutti i suoi farmaci.

Le esperienze già avviate dimostrano che servizi di questo genere vengono apprezzati tanto dai “payor” (servizi sanitari, assicurazioni, fondi integrativi) quanto dai pazienti. I vantaggi assicurati ai primi sono esemplificati dalle cifre: secondo alcune ricerche, il blisteraggio personalizzato accresce l’aderenza terapeutica dal 61 al 97%, con evidenti ricadute sull’appropriatezza clinica ed economica. Per quanto concerne i pazienti, invece, gli effetti positivi si avvertono soprattutto sul rapporto con il farmacista e sulla fidelizzazione.

I progressi della telematica e della robotica, poi, consentono alle farmacie di offrire un servizio sempre più sofisticato. Sul mercato, per esempio, si trovano oggi sistemi automatizzati per la produzione di blister da una settimana o un mese di trattamento, corredati di legende per l’identificazione delle pillole, informazioni personalizzate e altro ancora. E tra i clienti di questo genere di apparecchi non ci sono soltanto le farmacie americane, ma anche quelle britanniche.

 

 

E’ evidente che nei Paesi anglosassoni, dove i farmaci vengono abitualmente prescritti per unità e dispensati in tubetti, il blisteraggio personalizzato è un servizio che non deve fare i conti con lo sconfezionamento delle scatolette. Ma esperienze dello stesso genere in corso nella vicina Francia consigliano comunque di non archiviare frettolosamente la questione con l’abituale «sarebbe bello ma non si può». Il caso più interessante è quello che arriva da Pharmagest, società di servizi informatici per la farmacia controllata da Wellcoop, la principale cooperativa francese di farmacisti. Da circa tre anni l’azienda propone sul mercato un servizio chiamato Do-Pill per l’aderenza terapeutica che consiste appunto nello sconfezionamento dei farmaci e nel blisteraggio personalizzato dei trattamenti.

 

 

«Le farmacie che offrono il servizio» spiega a Pharmacy Scanner Yannis Nahal, direttore della divisione Solutions E-Santé di Pharmagest «sono ormai diverse centinaia. C’è chi lo propone ai suoi pazienti gratuitamente, come leva fidelizzante, oppure chi applica un fee, solitamente attorno ai due euro». Anche nel caso di Do-Pill il ricorso alle tecnologie più recenti è intenso: l’allestimento e la programmazione della pilloliera vengono effettuati tramite software e gli scomparti in cui le pillole vengono inserite e sigillate si illuminano e lanciano un segnale sonoro alla data e all’ora impostati. Non solo, l’apparecchio tiene traccia dell’ora in cui ogni casella viene aperta (per consentire al medico e al farmacista di monitorare la puntualità delle somministrazioni) ed emette un allarme se il paziente “dissigilla” lo scomparto sbagliato. «Le esperienze sul campo» commenta Nahal «dimostrano che con Do-Pill l’aderenza terapeutica raggiunge il 98%, quando oggi in Francia non supera il 13% tra gli asmatici e il 52% tra le persone affette da osteoporosi». In più, osserva Nahal, c’è la dimensione etica del servizio. «La relazione farmacista-paziente si semplifica e nello stesso tempo guadagna di intensità». Quanto ai problemi legali, finora non si sono registrate spine irritative: «In Francia» conclude Nahal «c’è un vuoto legislativo in materia, le uniche indicazioni arrivano dalle Buone pratiche di dispensazione. E nessuno ha avuto niente da ridire visto che il servizio mira ad agevolare la vita ai pazienti e ridurre i decessi per malattie iatrogene, più di 8mila in un anno».

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